Il mondo della luna, libretto, Venezia, Savioli, 1770

280Ah quel dolce rigor più m’incatena!
 Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate.
 Basta, bell’idol mio, che voi mi amate.
 
    In quel volto siede un nume
285che fa strage del mio cor;
 in quegli occhi veggo un lume
 che mi fa sperar amor.
 E frattanto vivo in pianto
 ed un uomo sì ben fatto
290contrafatto morirà.
 
    Se adorata esser volete,
 ecco qui, v’adorerò. (S’inginocchia)
 Se al mio core non credete,
 idol mio vel mostrerò.
295Ma crudele, oh dio! non siate
 ed abbiate almen pietà.
 
 SCENA VII
 
 CINTIA, poi TULLIA
 
 CINTIA
 Oh quanto mi fan ridere
 con questo sospirar, con questo piangere.
 Gli uomini non s’avveggono
300che quanto più le pregano
 le donne insuperbite più diventano
 e gli amanti per gioco allor tormentano.
 TULLIA
 Cintia, che mai faceste
 al povero Giacinto? Egli sospira,
305egli smania e delira;
 ah, se così farete,
 l’impero di quel cor voi perderete.
 CINTIA
 Anzi più facilmente
 lo perderei colla pietade e i vezzi;
310gli uomini son avvezzi,
 per la soverchia nostra
 facilità del sesso,
 a saziarsi di tutto e cambiar spesso.
 
    Se gli uomini sospirano,
315che cosa importa a me?
 Che piangano, che crepino;
 ma vuo’ che stiano lì.
 Anch’essi se potessero
 con noi farian così.
 
320   Laddove delle femine
 il regno ancor non v’è,
 la tirannia de’ perfidi
 purtroppo s’infierì;
 ed or di quelle misere
325vendetta si fa qui.
 
 SCENA VIII
 
 TULLIA, poi RINALDINO
 
 TULLIA
 Ma io, per dir il vero,
 sono di cor più tenero di lei,
 son con gli amanti miei
 quanto basta severa ed orgogliosa;
330ma son, quando fia d’uopo, anco pietosa;
 talor fingo il rigore,
 freno di lor l’affetto e la baldanza,
 fra il timore li tengo e la speranza.
 RINALDINO
 Tullia, bell’idol mio,
335de’ vostri servi il più fedel son io.
 Deh oziosa non lasciate
 la mia fede, il mio zelo,
 che sol quando per voi, bella, m’adopro,
 felicità nel mio destino io scopro.
 TULLIA
340Dite il ver Rinaldino,
 siete pentito ancor d’avervi reso
 suddito e servo mio? Vi pesa e incresce
 della smarrita libertà primiera?
 Sembravi la catena aspra e severa?
 RINALDINO
345O dolcissimi nodi,
 sospirati, voluti e cari sempre
 al mio tenero cor! Sudino pure
 sotto l’elmo i guerrieri; Astrea tormenti
 i seguaci del foro; e di Galeno
350sui fogli malintesi
 studi e s’affanni il fisico impostore.
 Io seguace d’amore,
 fuor della turba insana