Il negligente, libretto, Torino, Avondo e Baino, 1757

595Ohimè! Signora Aurora,
 m’incresce il vostro duolo;
 voi non avete neanche un voto solo.
 AURORA
 Comprendo la malizia
 per cui fatta mi vien questa ingiustizia.
 CINTIA
600Presto, presto, finiamola,
 vuo’ ballottare anch’io.
 (Questa volta senz’altro il regno è mio).
 CORO
 
    Non so se meglio sia
 per noi la monarchia
605o pur la libertà.
 
 AURORA
 Signora Cintia cara,
 per voi non si dà voto;
 il bossolo del sì per voi n’è vuoto.
 CINTIA
 Femmine sconsigliate,
610è un torto manifesto che mi fate.
 CORO
 
    Libertà, libertà;
 cara cara libertà.
 
 TULLIA
 Per quello che si vede e che si sente,
 niuna donna acconsente
615all’altra star soggetta;
 a ognuna piace il comandar sovrano
 e soggiogarle si procura invano.
 AURORA
 (Procurerò con l’arte
 il dominio ottenere).
 CINTIA
                                         (A lor dispetto
620il regno occuperò).
 TULLIA
                                     (Con l’arte usata,
 senza mostrare orgoglio,
 giungerò forse ad occupare il soglio).
 Or si sciolga il consiglio;
 vada ciascuna a esercitar l’impero
625sopra i vassalli suoi
 e libero il regnar resta fra noi.
 CORO
 
    Libertà, libertà;
 cara, cara libertà.
 Bel piacere, bel godere
630che contento al cor mi dà.
 
    Libertà, libertà;
 cara, cara libertà. (Tutte partono fuorché Tullia)
 
 SCENA II
 
 TULLIA sola
 
 TULLIA
 Com’è possibil mai
 che possiamo regnar noi donne unite,
635se la pace voltar ci suole il tergo
 quando siamo due donne in un albergo?
 Prevedo che non molto
 questo debba durar dominio nostro.
 Ma pria ch’ei ci sia tolto,
640vorrei un giorno solo
 assoluta regnar. Ah questa sete
 di comandar è naturale in noi
 e ogni donna ha nel capo i grilli suoi.
 
    Fra tutti gli affetti
645d’amore e di sdegno,
 l’affetto del regno
 prevale nel cuore;
 la brama d’onore
 frenar non si può.
 
650   Avere soggetti
 quegli uomini alteri
 che soglion severi
 le donne trattar,
 diletto bramar
655maggiore non so.
 
 SCENA III
 
 Giardino delizioso alla riva del mare, il quale formando un seno nel lido offre comodo sbarco ai piccioli legni.
 
 RINALDINO, poi GIACINTO, poi GRAZIOSINO
 
 RINALDINO
 
    Queste rose porporine
 ch’ho raccolte pel mio bene
 sono tutte senza spine,
 come senz’amare pene
660è l’affetto ch’ho nel sen.
 
 GIACINTO
 
    Questo vago gelsomino
 che al mio ben io reco in dono
 candidetto com’io sono,
 semplicetto, tenerino,
665s’assomiglia al mio bel cor.
 
 GRAZIOSINO
 
    Questo caro tulipano
 vuo’ donarlo alla mia bella;
 qualche cosa ancora ella
 forse un dì mi donerà.
 
 A TRE
 
670   Vaghi fiori, dolci amori,
 bella mia felicità.
 
 SCENA IV
 
 Vedesi dal mare accostarsi una barca ripiena d’uomini.
 
 RINALDINO
 Osservate, compagni, ecco un naviglio