Il negligente, libretto, Brunswick, 1760

 SCENA VII
 
 Gabinetto.
 
 AURELIA e CORNELIO
 
 AURELIA
 Sì sì, Cornelio mio,
 amami di buon cor che t'amo anch'io.
 CORNELIO
 Circa all'amor, mia cara,
220non v'è niente che dir. Siamo felici,
 tu vuoi bene a me;
 io voglio bene a te. Ma il punto sta
 che tu dote non hai,
 ch'io poderi non ho, non ho mestiere;
225e non vorrei che avesse
 il gusto dell'amor presto a finire
 e ci avessimo poi, cara, a pentire.
 AURELIA
 Per questo è ch'io procuro
 allettar co' miei vezzi
230il signor Filiberto,
 il quale, incatenato
 da quell'arti che a lui poco son note,
 mi vorrà bene e mi farà la dote.
 CORNELIO
 Io per un'altra strada
235tento la nostra sorte.
 Ti è nota quella lite
 che contro Filiberto
 mossa ha il conte?
 AURELIA
                                    Lo so.
 CORNELIO
                                                 Sappi che siamo
 interessati nella lite in terzo.
240Io per il primo, il conte e ser Imbroglio.
 AURELIA
 Come! Ancor ser Imbroglio?
 Di Filiberto istesso
 il causidico ancora?
 CORNELIO
                                       Sì, ti pare
 cosa strana? È così. Siam tre d'accordo
245per mandarlo in rovina.
 Il conte fa la principal figura;
 Imbroglio al precipizio apre la strada;
 io vo tenendo Filiberto a bada.
 AURELIA
 Dunque si può sperar che vada bene?
 CORNELIO
250Si può sperar ma dubitar conviene.
 AURELIA
 Voi tre tesa gli avete
 una terribil rete.
 Io un altro laccio ho teso,
 dalla rete o dal laccio ei sarà preso.
 CORNELIO
255E noi contenti allora,
 senza che della fame
 v'entri il brutto demonio,
 goderem lietamente il matrimonio.
 
    Bel contento l'esser sposi
260senza aver da sospirar;
 ma poi tutto si scompiglia
 quando grida la famiglia:
 «Pane, pane, mamma mia»;
 oh che brutta sinfonia
265quando pane più non v'è. (Parte)