L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 FLAMINIA
280Se il genitore austero
 ci ritrova colà, misere noi.
 CLARICE
 Che badi a’ fatti suoi,
 ci vuol tener rinchiuse
 e dall’aria difese,
285come fossimo noi tele di ragno.
 FLAMINIA
 Finché noi siam soggette
 al nostro genitor convien soffrire.
 CLARICE
 Ma io per vero dire,
 stanca di questa soggezion noiosa,
290non veggo l’ora d’essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose
 avrem di soggezion finiti i guai?
 Anzi sarem soggette più che mai.
 CLARICE
 Eh sorella, i mariti
295non son più tanto austeri,
 aman la libertade al par di noi
 ed abbada ciascuno a’ fatti suoi.
 FLAMINIA
 Felici noi, se ci toccasse in sorte
 un marito alla moda. Ah sventurate,
300se un geloso ci tocca!
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch’io lo guarirei
 o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
 Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò.
 Ma il segreto io so
305con cui questi gelosi
 dalle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
 Se l’accordasse il padre,
 spererei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
 Lo spererei anch’io
310con Ecclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell’Ecclitico vostro
 è un uom ch’altro non pensa
 che contemplar or l’una, or l’altra stella.
 CLARICE
 Questo è quello, sorella,
315che in lui mi piace più.
 Finché ei pensa alla luna ovvero al sole
 la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
 Ma il genitor, io temo,
 non vorrà soddisfarci.
 CLARICE
                                           Evvi in tal caso
320un ottimo espediente,
 maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
 Ciò so che non conviene a onesta figlia
 ma se amor mi consiglia
 e il padre a me si oppone,
325io temo che all’amor ceda ragione.
 
    Ah purtroppo lo prevedo,
 l’arte vedo e tutto io so;
 ma sì stolta non sarò
 a lasciarmi lusingar.
 
330   Le sue cure ben comprendo
 ed intendo
 il rigore quale sia
 l’alma mia per ingannar.
 
 SCENA VIII
 
 CLARICE, poi BONAFEDE
 
 BONAFEDE
 Brava, signora figlia,
335v’ho detto tante volte
 che non uscite dalla vostra stanza.
 CLARICE
 Ed io tant’altre volte
 mi sono dichiarata
 che non posso soffrir di star serrata.
 BONAFEDE
340E ben bene, fraschetta,
 so io quel che farò.
 CLARICE
                                     Sì, castigatemi;
 cacciatemi di casa e maritatemi.
 BONAFEDE
 Se io ti maritassi,
 non castigherei te ma tuo marito.
345Né castigo maggior dar gli potrei,
 quanto una donna pazza qual tu sei.
 CLARICE
 Io pazza? V’ingannate.
 Pazza sarei qualora
 mi lasciassi un po’ troppo intimorire
350e avessi per rispetto a intisicchire.
 
    Son fanciulla da marito
 e lo voglio, già il sapete,
 e se voi no mel darete,
 da me stessa il prenderò.
 
 SCENA IX
 
 BONAFEDE, poi LISETTA
 
 BONAFEDE
355Se mandarla potessi
 nel mondo della luna, avrei speranza
 castigata veder la sua baldanza.
 LISETTA
 Serva, signor padrone.
 BONAFEDE
                                            Addio, Lisetta.
 LISETTA
 Vuol cenare?
 BONAFEDE
                           È anco presto, aspetta un poco.
 LISETTA
360Ho posta già la panatella al foco.
 BONAFEDE
 Brava, brava, Lisetta, oh se sapessi
 le belle cose che ho vedute!
 LISETTA
                                                    E cosa
 ha veduto di bello?
 BONAFEDE
 Ho avuta la fortuna
365di mirar dentro al tondo della luna.
 LISETTA
 (Ecco la sua pazzia).
 BONAFEDE
                                        Senti, può darsi...
 Sai che ti voglio ben. Può darsi ancora,
 se tu mi sei fedel, se non ricusi
 di darmi un po’ d’aiuto,
370ch’io ti faccia veder quel che ho veduto.
 LISETTA
 Sapete pur ch’io sono
 vostra serva fedele e se mi lice
 vostra tenera amante
 (invaghita però sol del contante).
 BONAFEDE
375Quand’è così, mia cara,
 della ventura mia ti voglio a parte.
 Vedrai d’un uomo l’arte
 quanto può, quanto vale;
 le prodezze vedrai d’un cannochiale.
 LISETTA
380Vorrei che un cannochial si desse al mondo
 con cui vedeste il fondo
 del mio povero cor che sol per voi
 arde d’amore e fede.
 (Egli è pazzo da ver, se me lo crede).
 BONAFEDE
385Per rimirar là dentro
 in quel tuo cor sincero
 serve di cannocchial il mio pensiero.
 Vedo che mi vuoi bene,
 vedo che tu sei mia.
 LISETTA
390(Ma non vede che questa è una pazzia).
 BONAFEDE
 Doman ti vo’ condur dal bravo astrologo,
 vedrai quel che si pratica lassù
 dalle donne da ben, come sei tu.
 LISETTA
 
    Una donna come me
395non vi fu né vi sarà.
 Io son tutt’amor e fé,
 io son tutta carità.
 Domandate a chi lo sa,
 sì ch’è vero ognun dirà.
 
 SCENA X
 
 BONAFEDE e poi ECCLITICO
 
 BONAFEDE
400È poi la mia Lisetta
 una buona ragazza.
 Non è di quelle serve impertinenti
 che quando hanno la grazia del padrone
 vogliono in casa far le braghessone.
 ECCLITICO
405Ehi, signor Bonafede, (Di dentro)
 si puol entrar?
 BONAFEDE
                              Oh cappari, chi è qui?
 Venite, signorsì;