L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 SCENA V
 
 CLISTENE con seguito e dette
 
 CLISTENE
 Figlia, tutto è compito. I nomi accolti,
315le vittime svenate, al gran cimento
 l'ora prescritta. E più la pugna ormai,
 senza offesa de' numi,
 della publica fé, dell'onor mio,
 differir non si può.
 ARISTEA
                                      (Speranze addio!)
 CLISTENE
320Ragion d'esser superba
 io ti darei, se ti dicessi tutti
 quei che a pugnar per te vengono a gara.
 V'è Olinto di Megara;
 v'è Clearco di Sparta; Ati di Tebe;
325Erilo di Corinto; e fin di Creta
 Licida venne.
 ARGENE
                            Chi!
 CLISTENE
                                       Licida, il figlio
 del re cretense.
 ARISTEA
                               Ei pur mi brama?
 CLISTENE
                                                                  Ei viene
 con gli altri a prova.
 ARGENE
                                       (Ah si scordò d'Argene).
 CLISTENE
 Sieguimi, o figlia.
 ARISTEA
                                    Ah questa pugna, o padre,
330si differisca.
 CLISTENE
                          Un impossibil chiedi;
 dissi perché. Ma la cagion non trovo
 di tal richiesta.
 ARISTEA
                               A divenir soggette
 sempre v'è tempo. È d'imeneo per noi
 pesante il giogo; e già senz'esso abbiamo
335che soffrire abbastanza
 nella nostra servil sorte infelice.
 CLISTENE
 Dice ognuna così; ma il ver non dice.
 
    Del destin non vi lagnate,
 se vi rese a noi soggette;
340siete serve, ma regnate
 nella vostra servitù.
 
    Forti noi, voi belle siete;
 e vincete in ogni impresa,
 quando vengono a contesa
345la bellezza e la virtù. (Parte)