L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 SCENA XIII
 
 LICIDA solo
 
 LICIDA
960Con questo ferro, indegno, (Snuda la spada)
 il sen ti passerò... Folle che dico?
 Che fo? Con chi mi sdegno? Il reo son io,
 io son lo scellerato. In queste vene
 con più ragion l'immergerò. Sì, mori
965Licida sventurato... Ah perché tremi
 timida man? Chi ti ritiene? Ah questa
 è ben miseria estrema. Odio la vita;
 m'atterrisce la morte; e sento intanto
 stracciarmi a brano, a brano
970in mille parti il cor. Rabbia, vendetta,
 tenerezza, amicizia,
 pentimento, pietà, vergogna, amore
 mi trafiggono a gara. Ah chi mai vide
 anima lacerata
975da tanti affetti e sì contrari? Io stesso
 non so come si possa
 minacciando tremare, arder gelando,
 piangere in mezzo all'ire,
 bramar la morte e non saper morire.
 
980   Gemo in un punto e fremo;
 fosco mi sembra il giorno;
 ho cento larve intorno;
 ho mille furie in sen.
 
    Con la sanguigna face
985m'arde Megera il petto;
 m'empie ogni vena Aletto
 del freddo suo velen. (Parte)
 
 Fine dell’atto secondo