L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 SCENA VII
 
 MEGACLE fra le guardie e detti
 
 LICIDA
 Ah vieni illustre esempio
 di verace amistà. Megacle amato,
1200caro Megacle, vieni.
 MEGACLE
                                       Ah qual ti trovo,
 povero prence!
 LICIDA
                               Il rivederti in vita
 mi fa dolce la morte.
 MEGACLE
                                        E che mi giova
 una vita che invano
 voglio offrir per la tua? Ma molto innanzi,
1205Licida, non andrai. Noi passeremo
 ombre amiche indivise il guado estremo.
 LICIDA
 O delle gioie mie, de' miei martiri,
 finché piacque al destin, dolce compagno
 separarci convien... Poiché siam giunti
1210agli ultimi momenti,
 quella destra fedel porgimi e senti;
 sia preghiera o comando,
 vivi; io bramo così. Pietoso amico,
 chiudimi tu di propria mano i lumi;
1215ricordati di me. Ritorna in Creta
 al padre mio... (Povero padre! a questo
 preparato non sei colpo crudele).
 Deh tu l'istoria amara
 raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto
1220reggi, assisti, consola,
 lo raccomando a te. Se piange, il pianto
 tu gli asciuga sul ciglio;
 e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
 MEGACLE
 Taci. Mi fai morir.
 CLISTENE
                                     Non posso, Alcandro,
1225resister più. Guarda que' volti; osserva
 que' replicati amplessi,
 que' teneri sospiri e que' confusi
 fra le lagrime alterne ultimi baci.
 Povera umanità!
 ALCANDRO
                                  Signor, trascorre
1230l'ora permessa al sacrificio.
 CLISTENE
                                                    È vero.
 Olà, sacri ministri,
 la vittima prendete. E voi, custodi,
 dall'amico infelice
 dividete colui. (Sono divisi da’ sacerdoti e da’ custodi)
 MEGACLE
                              Barbari! Ah voi
1235avete dal mio sen svelto il cor mio.
 LICIDA
 Ah dolce amico!
 MEGACLE
                                Ah caro prence!
 LICIDA, MEGACLE
                                                               Addio.
 LICIDA
 
    Dolce amico ai giorni tuoi
 quegli aggiunga il ciel pietoso
 che il destino invola a me.
 
 MEGACLE
 
1240   Ah! di Lete il guado ombroso
 voglio anch'io varcar con te.
 
 CLISTENE
 
    Che momento tormentoso!
 pena, oh dio! maggior non v'è.
 
 LICIDA
 
    Viver dei.
 
 MEGACLE
 
                         Che cenno è questo!
 
 CLISTENE
 
1245Che spettacolo funesto!
 
 LICIDA
 
 Dammi...
 
 MEGACLE
 
                     Prendi...
 
 LICIDA E MEGACLE
 
                                       Un altro amplesso.
 
 A TRE
 
 Non resisto al fiero eccesso
 del tiranno affanno mio.
 
 MEGACLE
 
 Prence...
 
 LICIDA
 
                   Amico...
 
 MEGACLE, LICIDA
 
                                     Oh stelle! Addio.
 CORO
 
1250   I tuoi strali terror de' mortali
 ah sospendi, gran padre de' numi,
 ah deponi, gran nume de' re. (Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginochiarsi a piè dell’ara appresso al sacerdote. Il re prende la sacra scure che gli vien presentata sopra un bacile da uno de’ ministri del tempio. E nel porgerla al sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia)
 
 CLISTENE
 O degli uomini padre e degli dei
 onnipotente Giove,
1255al cui cenno si muove
 il mar, la terra, il ciel, di cui ripieno
 è l'universo, e dalla man di cui
 pende d'ogni cagione e d'ogni evento
 la connessa catena,
1260questa che a te si svena
 sacra vittima accogli; essa i funesti
 che ti splendono in man folgori arresti. (Nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene)