L’olimpiade (Jommelli), libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1774

 SCENA VII
 
 MEGACLE fra le guardie e detti
 
 LICIDA
 Ah vieni illustre esempio
 di verace amistà. Megacle amato,
 caro Megacle, vieni.
 MEGACLE
                                       Ah qual ti trovo,
1100povero prence!
 LICIDA
                               Il rivederti in vita
 mi fa dolce la morte.
 MEGACLE
                                        E che mi giova
 una vita che invano
 voglio offrir per la tua? Ma molto innanzi,
 Licida, non andrai. Noi passeremo
1105ombre amiche indivise il guado estremo.
 LICIDA
 O delle gioie mie, de' miei martiri,
 finché piacque al destin, dolce compagno
 separarci convien... Poiché siam giunti
 agli ultimi momenti,
1110quella destra fedel porgimi e senti.
 Sia preghiera, o comando,
 vivi; io bramo così. Pietoso amico,
 chiudimi tu di propria mano i lumi,
 ricordati di me. Ritorna in Creta
1115al padre mio... (Povero padre! a questo
 preparato non sei colpo crudele).
 Deh tu l'istoria amara
 raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto
 reggi, assisti, consola,
1120lo raccomando a te. Se piange, il pianto
 tu gli asciuga sul ciglio;
 e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
 MEGACLE
 Taci. Mi fai morir.
 CLISTENE
                                     Non posso, Alcandro,
 resister più. Guarda que' volti; osserva
1125que' replicati amplessi,
 que' teneri sospiri e que' confusi
 fra le lagrime alterne ultimi baci.
 Povera umanità!
 ALCANDRO
                                  Signor trascorre
 l'ora permessa al sacrificio.
 CLISTENE
                                                    È vero.
1130Olà sacri ministri,
 la vittima prendete. E voi custodi,
 dall'amico infelice
 dividete colui. (Sono divisi da’ sacerdoti e da’ custodi)
 MEGACLE
                              Barbari! Ah voi
 avete dal mio sen svelto il cor mio.
 LICIDA
1135Ah dolce amico!
 MEGACLE
                                Ah caro prence!
 A DUE
                                                               Addio.
 LICIDA
 
    Dolce amico; ai giorni tuoi
 quegli aggiunga il ciel pietoso
 che il destino invola a me.
 
 MEGACLE
 
    Ah! Di Lete il guado ombroso
1140voglio anch'io varcar con te.
 
 CLISTENE
 
    Che momento tormentoso!
 pena (oh dio!) maggior non v'è.
 
 LICIDA
 
    Viver dei.
 
 MEGACLE
 
                         Che cenno è questo!
 
 CLISTENE
 
 Che spettacolo funesto!
 
 LICIDA
 
1145Dammi...
 
 MEGACLE
 
                     Prendi...
 A DUE
 
                                       Un altro amplesso.
 
 A TRE
 
 Non resisto al fiero eccesso
 del tiranno affanno mio.
 
 MEGACLE
 
 Prence...
 
 LICIDA
 
                   Amico...
 
 A DUE
 
                                     (Oh stelle!) Addio.
 
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
1150ah! sospendi, gran padre de' numi,
 ah! deponi, gran nume de' re. (Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a piè dell’ara appresso al sacerdote. Il re prende la sacra scure che gli vien presentata sopra un bacile da uno de’ ministri del tempio; e nel porgerla al sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia)
 
 CLISTENE
 O degli uomini padre e degli dei
 onnipotente Giove,
 al cui cenno si muove
1155il mar, la terra, il ciel, di cui ripieno
 è l'universo, e dalla man di cui
 pende d'ogni cagione e d'ogni evento
 la connessa catena,
 questa che a te si svena
1160sacra vittima accogli; essa i funesti
 che ti splendono in man folgori arresti. (Nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene)