L’olimpiade (Pergolesi), libretto, Roma, 1735

 SCENA X
 
 AMINTA e detti
 
 AMINTA
1390Ah Licida... (Vuol abbracciarlo)
 CLISTENE
                         T'accheta.
 Rispondi e non mentir. Questo monile
 donde avesti?
 AMINTA
                             Signor, da mano ignota
 già scorse il quinto lustro
 ch'io l'ebbi in don.
 CLISTENE
                                     Dov'eri allor?
 AMINTA
                                                                Là dove
1395in mar presso a Corinto
 sbocca il torbido Asopo.
 ALCANDRO
                                              (Ah ch'io rinvengo (Guardando attentamente Aminta)
 delle note sembianze
 qualche traccia in quel volto. Io non m'inganno.
 Certo egli è desso). Ah d'un antico errore (Inginocchiandosi)
1400mio re son reo. Deh mel perdona. Io tutto
 fedelmente dirò.
 CLISTENE
                                  Sorgi. Favella.
 ALCANDRO
 Al mar, come imponesti,
 non esposi il bambin. Pietà mi vinse.
 Costui straniero, ignoto
1405mi venne innanzi e gliel donai, sperando
 che in rimote contrade
 tratto l'avrebbe.
 CLISTENE
                                E quel fanciullo, Aminta,
 dov'è? Che ne facesti?
 AMINTA
                                           Io... (Quale arcano
 ho da scoprir!)
 CLISTENE
                              Tu impallidisci? Parla,
1410empio, di', che ne fu? Tacendo aggiungi
 all'antico delitto error novello.
 AMINTA
 L'hai presente, o signor, Licida è quello.
 CLISTENE
 Come! Non è di Creta
 Licida il prence?
 AMINTA
                                  Il vero prence in fasce
1415finì la vita. Io ritornato appunto
 con lui bambino in Creta, al re dolente
 l'offersi in dono; ei dell'estinto invece
 al trono l'educò per mio consiglio.
 CLISTENE
 Ah numi ecco Filinto, ecco il mio figlio. (Abbracciandolo)
 ARISTEA
1420Stelle!
 LICIDA
               Io tuo figlio?
 CLISTENE
                                         Sì. Tu mi nascesti
 gemello ad Aristea. Delfo m'impose
 d'esporti al mar bambino, un parricida
 minacciandomi in te.
 LICIDA
                                          Comprendo adesso
 l'orror, che mi gelò, quando la mano
1425sollevai per ferirti.
 CLISTENE
                                     Adesso intendo
 l'eccessiva pietà, che nel mirarti
 mi sentivo nel cuor.
 AMINTA
                                       Felice padre!
 ALCANDRO
 Oggi molti in un punto
 puoi render lieti.
 CLISTENE
                                  E lo desio. D'Argene
1430Filinto il figlio mio,
 Megacle d'Aristea vorrei consorte
 ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte.
 MEGACLE
 Non è più reo quando è tuo figlio.
 CLISTENE
                                                               È forse
 la libertà de' falli
1435permessa al sangue mio? Qui viene ogn'altro
 a dimostrar valor; l'unico esempio
 esser degg'io di debolezza? Ah questo
 di me non oda il mondo. Olà ministri,
 risvegliate su l'ara il sacro fuoco.
1440Va' figlio e mori. Anch'io morrò fra poco.
 AMINTA
 Che giustizia inumana!
 ALCANDRO
 Che barbara virtù!
 MEGACLE
                                     Signor t'arresta.
 Tu non puoi condannarlo. In Sicione
 sei re, non in Olimpia. È scorso il giorno
1445a cui tu presiedesti. Il reo dipende
 dal pubblico giudizio.
 CLISTENE
                                          E ben s'ascolti
 dunque il pubblico voto. A pro del reo
 non prego, non comando e non consiglio.
 CORO DI SACERDOTI E POPOLO
 
    Viva il figlio delinquente
1450perché in lui non sia punito
 l'innocente genitor.
 
    Né funesti il dì presente,
 né disturbi il sacro rito
 un'idea di tanto orror.
 
 Fine dell’opera