L’olimpiade (Pergolesi), libretto, Venezia, Rossetti, 1738

 SCENA VII
 
 ARISTEA e detti
 
 ARISTEA
                                 (All'odiose nozze,
 come vittima io vengo all'ara avanti).
 LICIDA
 (Sarà mio quel bel volto in pochi istanti).
 CLISTENE
 Avvicinati, o figlia, ecco il tuo sposo.
 MEGACLE
 (Ah non è ver).
 ARISTEA
                               Lo sposo mio!
 CLISTENE
                                                           Sì. Vedi
685se giammai più bel nodo in ciel si strinse.
 ARISTEA
 (Ma se Licida vinse,
 come il mio bene?... Il genitor m'inganna).
 LICIDA
 (Crede Megacle sposo e se ne affanna).
 ARISTEA
 E questi, o padre, è il vincitor?
 CLISTENE
                                                          Mel chiedi?
690Non lo ravvisi al volto
 di polve asperso? All'onorate stille
 che gli rigan la fronte? A quelle foglie,
 che son di chi trionfa
 l'ornamento primiero?
 ARISTEA
695Ma che dicesti Alcandro?
 ALCANDRO
                                                Io dissi il vero.
 CLISTENE
 Non più dubbiezze. Ecco il consorte a cui
 il ciel t'accoppia; e nol potea più degno
 ottener dagli dei l'amor paterno.
 ARISTEA
 (Che gioia!)
 MEGACLE
                          (Che martir!)
 LICIDA
                                                      (Che giorno eterno!)
 CLISTENE
700E voi tacete! Onde il silenzio?
 MEGACLE
                                                        (Oh Dio!
 Come comincerò?)
 ARISTEA
                                      Parlar vorrei,
 ma...
 CLISTENE
             Intendo. Intempestiva
 è la presenza mia. Severo ciglio,
 rigida maestà, paterno impero
705incomodi compagni
 sono agli amanti. Io mi sovvengo ancora
 quanto increbbero a me. Restate. Io lodo
 quel modesto rossor, che vi trattiene.
 MEGACLE
 (Sempre lo stato mio peggior diviene).
 CLISTENE
 
710   So ch'è fanciullo Amore,
 né conversar gli piace
 con la canuta età.
 
    Di scherzi ei si compiace;
 si stanca del rigore;
715e stan di rado in pace
 rispetto e libertà.