Il prigionier superbo, libretto, Napoli, 1733

 SCENA II
 
 METALCE, VIRIDATE, ERICLEA in disparte
 
 METALCE
 No principe, Rosmene
 piegar non sa l'alma superba ai voti
 d'un amor in cui vede
 la man che le balzò dal trono il padre.
380Nelle pene d'amore è il miglior bene
 la lontananza: al soglio
 della Dania ti rendi, ove ti aspetta
 il real genitor per rimirarti
 sul crine invitto i trionfali allori.
 ERICLEA
385(Empio! Vuole il rivale
 allontanar da' suoi novelli amori).
 VIRIDATE
 Ed io potrei, signor, trar lungi il piede
 da questa reggia, in cui
 il sol degli occhi miei sparge il suo lume?
 METALCE
390Principe, ov'è quel core...
 ERICLEA
 Eh! che parlar d'amore
 non lice in questo giorno
 a Metalce; che cinto
 di marziali allori,
395vuol sua gloria che attenda
 a mieter palme, e non trattare amori.
 Non è così? (A Metalce)
 METALCE
                         (Costei m'annoia). E forse
 questo debole affetto
 m'esce dal core, in cui la gloria ingombra
400tutta la vastità de' miei pensieri.
 ERICLEA
 Su via, siegui la legge
 che ella ti detta: alle mie chiome innesta
 la norveggia corona
 e ritorna al tuo ciel! Che chi ha le vene
405gonfie di reggio sangue
 per dover, per ragione
 non mancano giammai sposi e corone.
 METALCE
 De' miei vassalli il sangue
 di questo regno è il prezzo, ed io non cedo
410sì di leggieri un trono,
 che a me concesse il mio valore in dono.
 ERICLEA
 Questo detta la gloria? Eh! dì, infedele,
 che serbi questo trono
 a Rosmene.
 VIRIDATE
                         (Che sento!)
 ERICLEA
                                                  Ingrato! è questa,
415questa è la fé giurata al mio gran padre?
 queste le nozze mie? questo il mio regno?
 Rosmene, il so. Crudele, entro il tuo cor
 trionfa d'Ericlea.
 VIRIDATE
                                  (E fia ciò vero?)
 METALCE
 Del mio core, io non rendo
420ragione altrui: del tuo gran padre all'ombra
 su la via degli Elisi
 la mia fede non pensa,
 ed è legge dei re la lor potenza.
 ERICLEA
 
    Serba per altri rai
425quell'alma infida, accesa,
 ché un dì d'avermi offesa
 forse ti pentirai,
 ma non ti ascolterò.
 
    Tu esulti, o traditore,
430io piango i mali miei,
 ma goderà il mio core
 quando punir dai dei
 il tuo fallir vedrò.