Li prodigi della divina grazia, libretto, Roma, Zempel, 1742 (La conversione di San Guglielmo duca d’Aquitania)

 Demonio solo e poi San Guglielmo
 
 DEMONIO
 Pur ch'io mi serbi altero,
390delle cadute mie sprezzo il pensiero.
 Ma fra tanto il timore
 mille funeste idee mi forma in mente.
 Dal mio danno presente,
 quanti già in ciel maturi
395argomentar mi fa danni futuri.
 Di Guglielmo all'esempio,
 ah quanti ad onta mia verranno a queste
 solitarie foreste. Ah d'alme ree
 si scemerà il dovuto
400all'averno tributo,
 e il ciel trionferà. Barbara sorte,
 io non son vinto ancor. Contro Guglielmo,
 perché non rida il ciel sovra i miei danni,
 s'accenda l'ira mia, s'usin gl'inganni.
 
405   A sfogar lo sdegno mio,
 ho vendetta e non pietà.
 
    Sol per far contrasto a Dio,
 armo il sen di crudeltà.
 
 Ma dall'antro d'Arsenio a questa parte
410torna Guglielmo. All'arte.
 SAN GUGLIELMO
 Quanto Arsenio m'impose
 eseguirò, mio Dio. Verso Innocenzo,
 che sostien le tue veci infra i mortali,
 il passo volgerò; perch'ei mi sciolga
415dal laccio, onde m'avvinsi pertinace,
 mi stringa al seno suo, mi doni pace.
 DEMONIO
 E qual mai ti lusinga
 di pace e di perdon folle speranza,
 mostro d'infedeltà, reo d'incostanza?
 SAN GUGLIELMO
420Oimè! Qual voce il mio gioir funesta?
 Chi mi turbò?
 DEMONIO
                             Voce del cielo è questa.
 SAN GUGLIELMO
 Peccai: purtroppo è vero.
 DEMONIO
 Al successor di Piero
 quando negasti ubbidienza e fede,
425e per te la negar' i tuoi vassalli,
 la misura de' falli
 che Dio soffrir volea, compisti a segno,
 che già piomba su te l'eterno sdegno.
 SAN GUGLIELMO
 Pietà, Signor, pietà.
 DEMONIO
                                       Non v'è pietade.
430Andrai d'averno all'infelice stanza,
 mostro d'infedeltà, reo d'incostanza.
 SAN GUGLIELMO
 Più non reggo al dolor: languir mi sento:
 tutta m'occupa l'alma alto spavento.
 
    Manca tremante il piè,
435cresce l'affanno al cor.
 Chiedo pietà, mercé,
 e sento dirmi ancor:
 «mostro d'infedeltà, reo d'incostanza».
 
    Il mio timor m'uccide,
440m'uccide il mio dolor; vissi abbastanza.
 
 Padre e Signor; che in questo tronco amaro
 versasti un dì su le mie colpe il sangue;
 fra le tue braccia, e in questo sen tuo caro
 difendi, o offeso ben, l'alma che langue.