La Salustia, libretto, Napoli, 1731

645Dell’aria salutar che spira intorno?
 BUONAFEDE
 È vero. Oh che bel giorno!
 Oh che aria dolcissima e soave!
 ECCLITICO
 Mirate a’ vostri piedi
 dal bel terren fecondo
650nascer le rose, i gigli. (Si vedono a spuntar i fiori)
 BUONAFEDE
                                          Oh che bel mondo!
 ECCLITICO
 Udite il dolce canto
 degli augelli canori. (S’odono a cantar i rosignoli)
 BUONAFEDE
                                        Oh che contento!
 Son fuor di me, non so dove mi sia.
 ECCLITICO
 Udite l’armonia
655ch’esce dagli arboscelli
 agitati da dolci venticelli. (Odesi un concertino principiato da violini ed oboè in orchestra con le risposte de’ corni da caccia e fagotti dentro la scena)
 BUONAFEDE
 Bravi, bravissimi!
 Gli alberi in questo mondo
 suonan meglio de’ nostri sonatori.
 ECCLITICO
660Or vedrete ballar ninfe e pastori. (Escono ballerini, quali intrecciano una bella danza)
 BUONAFEDE
 Oh che ninfe gentili! Oh che fortuna!
 Oh benedetto il mondo della luna!
 Ma sa l’imperatore
 ch’io qui sono arrivato?
 ECCLITICO
665È di tutto informato.
 BUONAFEDE
 Andiamlo a ritrovar.
 ECCLITICO
                                        Non è permesso
 con quell’abito andar innanzi a lui,
 s’egli non ve ne manda uno de’ sui.
 Ma ecco i cavalieri
670con i paggi e staffieri. Il gran monarca
 vi manda da vestire.
 BUONAFEDE
                                        Oh che bel mondo!
 
 SCENA III
 
 Intanto che i cavalieri cantano il coro, i paggi levano le sue vesti a Buonafede e lo vestono con gli abiti capricciosi da loro portati. Quattro cavalieri con paggi e staffieri, che portano abiti da travestire Bonafede, e detti.
 
 CAVALIERE
 
    Uomo felice
 cui goder lice
 di questo mondo
675l’alta beltà.
 
    L’imperatore,
 per farvi onore,
 prove vi manda
 di sua bontà.
 
 ECCLITICO, BUONAFEDE A DUE
 
680   Il ciel lo guardi
 sempre d’affanni;
 viva mill’anni
 con sanità.
 
 QUATTRO CAVALIERI
 
    Or che vestito
685siete e pulito,
 andar potrete
 da sua maestà.
 
 TUTTI
 
    Il ciel lo guardi
 sempre d’affanni;
690viva mill’anni
 con sanità. (Partono i cavalieri, paggi e staffieri)
 
 BUONAFEDE
 Come avrò a contenermi?
 Quante gran riverenze avrò da fare?
 ECCLITICO
 Il nostro buon monarca
695non vuol adulatori. Egli è un signore
 ch’è tagliato alla buona e di buon cuore.
 BUONAFEDE
 Andiam. Non vedo l’ora di vederlo.
 Ma quanto in anticamera
 aspettar ci farà?
 ECCLITICO
                                 Qui in anticamera
700sospirar non si sente o bestemmiare.
 Ognuno puol entrare,
 ognuno puol andar dal suo sovrano
 e può baciargli il piè, non che la mano.
 Ma restate, che or io
705anderò ad avvisarlo;
 egli ha tanta bontà
 che per farvi piacer qui venirà.
 BUONAFEDE
 E la mia cameriera e le mie figlie
 non verranno con noi?
 ECCLITICO
710Sì sì, verranno poi;
 anzi le nostre donne
 han ius particolare a questo impero,
 perché va con la luna il lor pensiero.
 
    Voi lo sapete
715come son fatte.
 Ora vezzose
 tutte amorose.
 Ora ostinate
 fiere arrabbiate.
720Che? Non è vero?
 Sono lunatiche.
 Oh signorsì.
 
    Mutan figura,
 mutan pensiere;
725son per natura
 poco sincere.
 Certo credetemi
 ch’ell’è così.
 
 SCENA IV
 
 BUONAFEDE solo
 
 BUONAFEDE
 Parmi che dica il vero; anzi Lisetta
730ora è meco amorosa, or sdegnosetta.
 Ma s’ella qui verrà
 forse si cangerà. Ben mi ricordo
 del bellissimo caso
 della donna menata per il naso.
 
 SCENA V
 
 Si cala il ponte levatore e vedesi in fondo della scena un carro trionfale, tirato da sei uomini bizzarramente vestiti con sopra il carro CECCO vestito da imperatore, e a’ piedi del medesimo ERNESTO vestito all’eroica con una stella in fronte. BUONAFEDE osserva con meraviglia. A suono di sinfonia si avanza il carro e giunto alla metà della scena lo fermano; ed Ernesto scende ed aiuta a scendere Cecco con affettata sommissione
 
 BUONAFEDE
735Umilmente m’inchino
 a vostra maestà.
 CECCO
                                 Chi siete voi
 che indrizza i suoi saluti
 alla maestà nostra e non a noi?
 BUONAFEDE
 Perdoni; io fo all’usanza
740del mondo sublunar dove son nato.
 CECCO
 Sì sì, sono informato
 che là nel vostro mondo
 trionfa l’albagia
 né di titoli mai v’è carestia.
 BUONAFEDE
745Dice ben... Ma che vedo!
 Quivi il signor Ernesto?
 ERNESTO
                                              V’ingannate.
 Io stella sono ed Espero m’appello;
 e quando il cielo imbruna
 esco primiera a vagheggiar la luna.
750Sortito avrà l’influsso
 quel ch’Ernesto s’appella
 dalla costellazion della mia stella.
 BUONAFEDE
 Io non so che mi dir; voi tutto Ernesto
 certo rassomigliate.
 CECCO
755Non vi maravigliate,
 che nella nostra corte abbiamo noi
 un buffon che somiglia tutto a voi.
 BUONAFEDE
 Grazie a vostra bontà del paragone
 ma io per dirla a lei non son buffone.
 CECCO
760E pur nel vostro mondo
 chi sa far il buffone è fortunato.
 BUONAFEDE
 Cappari! Egli è informato.
 CECCO
                                                   Or, che vi pare?
 Vi piace il nostro mondo?
 BUONAFEDE
                                                 In fede mia
 a chi un mondo sì bel non piaceria?
765Ma per esser contento
 una grazia, signor, ancor vi chiedo.
 CECCO
 Chiedete pur, che tutto io vi concedo.
 BUONAFEDE
 Ho due figlie e una serva.
 Vorrei...
 CECCO
                   Già v’ho capito,
770le vorreste con voi.
 Andrà, per consolarle,
 una stella cometa ad invitarle.
 BUONAFEDE
 Ma le stelle comete
 portan cattivo augurio.
 CECCO
                                            Oh gente pazza
775del mondo sublunar! Poiché le stelle
 conoscer pretendete
 e voi stessi laggiù non conoscete.
 BUONAFEDE
 Ha ragion, ha ragion, non so che dire.
 CECCO
 Io le farò venire
780ma però con un patto,
 che vuo’ senza recarvi pregiudizio
 la vostra cameriera al mio servizio.
 BUONAFEDE
 Ma signor...
 CECCO
                         Già lo so
 che siete innamorato
785in quei begli occhi suoi
 ma questa volta la vogliam per noi.
 BUONAFEDE
 Dunque lei l’ha veduta?
 CECCO
                                              Signorsì,
 una macchina abbiamo
 da cui spesso vediamo
790quel che si fa laggiù nel basso mondo;
 e il piacer più giocondo
 che aver possano i nostri occhi lunari
 è il mirar le pazzie de’ vostri pari.
 
    Un avaro suda e pena