Semiramide, libretto, Torino, Zappata, 1742

 SCENA VIII
 
 Orti pensili.
 
 SCITALCE e SIBARI
 
 SIBARI
 Amico, in rivederti
 oh qual piacere è il mio! Signor perdona
 se col nome d'amico ancor ti chiamo.
310Per Idreno in Egitto
 non per Scitalce il principe degl'Indi
 sai pur ch'io ti conobbi.
 SCITALCE
                                              Allor giovommi
 nome e grado mentir. Così sicuro
 per render pago il giovanil desio
315vari costumi appresi,
 molto errai, molto vidi e molto intesi.
 Ah non avessi mai
 portato il piè fuor dal paterno tetto,
 che ad agitarmi il petto
320o somigliante o vera
 tornar sugli occhi miei
 Semiramide infida or non vedrei.
 SIBARI
 Semiramide! Come?
 È teco? Ove s'asconde?
 SCITALCE
                                             E così cieco
325Sibari sei? Non la ravvisi in Nino?
 SIBARI
 (Ah la conobbe).
 SCITALCE
                                 A me la scopre assai
 il girar de' suoi sguardi
 placidi al moto, il favellar, la voce,
 la fronte, il labbro e l'una e l'altra gota
330facile ad arrossir, ma più d'ogni altro
 il cor che al noto aspetto
 subito torna a palpitarmi in petto.
 SIBARI
 Eh t'inganna il desio. Se fosse tale,
 al germano Mirteo nota sarebbe.
 SCITALCE
335No, che bambino ei crebbe
 nella reggia de' Battri.
 SIBARI
                                           E poi trascorsi
 tre lustri son da che fuggì d'Egitto
 né più di lei novella
 fra noi s'intese e ognun la crede estinta.
 SCITALCE
340Chi più di me dovrebbe
 crederla estinta? In quella notte istessa
 che fuggì meco, io la trafissi.
 SIBARI
                                                      Oh dio!
 Che facesti?
 SCITALCE
                          E doveva
 impunita restar? Tutto fu vero
345quanto svelasti a me. Nel luogo andai
 destinato da lei. Venne l'infida,
 meco fuggì ma poi
 non lungi dalla reggia
 l'insidie ritrovai. Cinto d'armati
350v'era il rivale.
 SIBARI
                            E il conoscesti?
 SCITALCE
                                                          In parte
 pago sarei, se il ravvisava; in lui
 potrei l'ira sfogar.
 SIBARI
                                    (Non sa ch'io fui).
 Ma come ti salvasti
 dal nemico furor?
 SCITALCE
                                    Fra l'ombre e i rami
355mi dileguai ma prima
 del Nilo in su la sponda
 l'empia trafissi e la balzai nell'onda.
 SIBARI
 Dunque di sua sventura
 fu cagione il mio foglio! E non bastava
360punirla con l'obblio?
 SCITALCE
 È ver; troppo trascorsi, il veggio anch'io.
 Ma chi frenar può mai
 gl'impeti dello sdegno e dell'amore?
 Disperato, geloso
365appagai l'ira mia; ma non per questo
 la pace ritrovai. Sempre ho sugli occhi
 sempre il tuo foglio, il mio schernito foco,
 la sponda, il fiume, il tradimento, il loco.
 SIBARI
 Serbi il mio foglio ancor? Perché non togli
370un fomento al tuo duolo?
 SCITALCE
                                                Io meco il serbo
 per gloria tua, per mia difesa.
 SIBARI
                                                         Almeno
 cauto lo cela; è qui Mirteo, potrebbe
 della germana i torti
 contro me vendicar.
 SCITALCE
                                       Vivi sicuro.
375Ma non scoprir che Idreno
 in Egitto mi finsi.
 SIBARI
                                    Alla mia fede
 lieve prova domandi; io tel prometto.
 Ma tu scaccia dall'alma
 quel fallace desio che ti figura
380Semiramide in Nino. Offri a Tamiri
 oggi tranquillo il core
 e dal primo ti sani un nuovo amore.
 
    Come all'amiche arene
 l'onda rincalza l'onda,
385così sanar conviene
 amore con amor.
 
    Piaga d'acuto acciaro
 sana l'acciaro istesso
 ed un veleno è spesso
390riparo all'altro ancor. (Parte)