Semiramide, libretto, Torino, Zappata, 1742

 PASQUINO
 Se premesse al padron v’andria da sé.
 PORPORINA
 Sai la sua negligenza.
 PASQUINO
 Vado... Ma dove? Oh bella!
145Non mi ricordo più dov’abbia a andare.
 PORPORINA
 A palazzo.
 PASQUINO
                      La borsa l’ho da dare...
 A chi?
 PORPORINA
               A messer Imbroglio.
 PASQUINO
 Messer Imbroglio amato,
 stavolta più di voi sono imbrogliato.
 
150   Ho da dir che il testamento...
 Ho da dir... Non ne so più.
 Porporina dillo tu...
 Zitto, zitto, l’ho trovata.
 Ho da dir ch’è la ragione
155della sua costituzione
 che si deve sostener.
 
    Gran memoria tengo io?
 Ho da dir che il padron mio
 l’ha cercato, l’ha trovato...
160Sì, va bene, lo dirò. (Via)
 
 SCENA V
 
 PORPORINA e DORINDO
 
 PORPORINA
 Io mi vo’ maritar. Pasquino, è vero,
 è un poco sempliciotto; ma talvolta
 un mezzo scimunito
 suol esser per la donna un buon marito.
 DORINDO
165Quella giovine bella.
 PORPORINA
                                        Oh mio padrone,
 chi dimanda?
 DORINDO
                             Sono in casa venuto,
 l’ardir mio condonate.
 PORPORINA
 Ditemi, che volete e chi cercate?
 DORINDO
 Il signor Filiberto
170è in casa?
 PORPORINA
                     È in casa.
 DORINDO
                                         Si potria vedere?
 PORPORINA
 Se avete da parlar di qualche affare
 difficile sarà.
 DORINDO
 Per dir la verità,
 so che siete una giovine prudente,
175di veder lui non me n’importa niente.
 Lisaura bramerei.
 PORPORINA
                                    Ah, ah, v’ho inteso
 garbato signorino,
 non cercate Marforio ma Pasquino.