Semiramide, libretto, Torino, Zappata, 1742

                                 Datemi almanco
 sottoscritto da voi un foglio in bianco.
 FILIBERTO
 Fin questo si può far.
615Del resto tutto a voi lascio l’imbroglio.
 CORNELIO
 Eccovi il calamar, la penna e il foglio. (Tira fuori tutto di tasca)
 FILIBERTO
 «Filiberto Tacconi, (Scrive)
 affermo quanto sopra si contiene».
 Basta così?
 CORNELIO
                        Va bene. (Prende il foglio)
 FILIBERTO
620S’io presto non finiva
 di testa mi veniva un giramento.
 CORNELIO
 Da vero?
 FILIBERTO
                    La fatica è un gran tormento.
 CORNELIO
 Or via siete spicciato,
 domani voi sarete consolato.
 
625   Con questo foglio in mano
 farò l’aggiustamento.
 (Ma lo farò per me).
 Vedete chi son io,
 d’un galantuom par mio
630non s’ha da dubitar.
 
    La vostra ricca entrata,
 la vostra sposa bella
 difendervi saprò.
 (Ma però questa e quella
635gli voglio sgraffignar).
 
 SCENA IV
 
 FILIBERTO, poi PORPORINA e PASQUINO
 
 FILIBERTO
 Manco mal che la sorte mi provede.
 Mi ama Aurelia; Cornelio è tutto fede.
 PORPORINA
 (Ecco il padron). (Parlano in disparte fra di loro non sentiti da Filiberto)
 PASQUINO
                                   (Chiediamogli perdono).
 PORPORINA
 (Se vogliamo ottenerlo
640fingiam d’esser nemici).
 PASQUINO
 (E poi in cucina torneremo amici).
 FILIBERTO
 Io far l’aggiustamento?
 Non lo faccio in due anni, oh che tormento!
 PORPORINA
 Signor padron.
 PASQUINO