Semiramide, libretto, Parigi, Quillau, 1755, II

 SCENA VIII
 
 LISAURA sola
 
 LISAURA
 Giusti dei, v’è nel mondo
 cotanta iniquità? V’è su la terra
 chi temerario ardisce
 rapir l’altrui con esecrando eccesso?
840E lo soffrono i numi? E stride invano
 il folgore di Giove?
 Dove si cela, dove
 l’empio che il genitor tradire aspira?
 Seco voglio sfogar lo sdegno e l’ira.
845Ma no, femmina imbelle,
 che dir, che far potrei?
 Crudelissimi dei,
 perché non mi è concesso
 potermi cimentar col viril sesso?
850Farei veder ben io
 che ancor nel petto mio si cela un core
 di coraggio ripieno e di valore.
 
    Tremo fra i dubbi miei;
 pavento i rai del giorno,
855anche nel mio soggiorno
 mi turbo e mi confondo;
 l’aure ch’ascolto intorno
 mi fanno palpitar.
 
    Nascondermi vorrei,
860vorrei scoprir l’errore
 né di celarmi ho core
 né core ho di parlar.
 
 SCENA IX
 
 AURELIA, poi PASQUINO
 
 AURELIA
 Del cor di Filiberto
 sono quasi sicura.
865Ma Lisaura, Pasquino e Porporina
 non mi ponno vedere.
 La politica vuole
 ch’io me li renda amici,
 perché i disegni miei riescan felici.
870Ecco Pasquin, con questo,
 ch’è alquanto baccellone,
 incomincio a provar la mia lezione.
 PASQUINO
 Ingrata Porporina, (Verso la scena)
 ladra, cagna, assassina.
 AURELIA
875Pasquino, e con chi l’hai?
 PASQUINO
 Oh non ti avessi conosciuta mai!
 AURELIA
 T’han fatto qualche insulto?
 PASQUINO
                                                     Sì, m’han fatto
 quello che far usate
 voialtre femminacce indiavolate.
 AURELIA
880Sei forse innamorato?
 PASQUINO
 Così fossi appiccato.
 AURELIA
 Forse tradito sei?
 PASQUINO
 Così il diavol portasse via colei.
 AURELIA
 Oh povero Pasquino
885che sei tanto bellino!
 Se tu volessi un po’ di bene a me,
 tutto questo mio cor saria per te.
 PASQUINO
 Eh, mi burlate.
 AURELIA
                               No, credimi, o caro,
 che il mio labbro è sincero.
 PASQUINO
890Se dicesse da vero,
 vendicar mi potrei di Porporina.
 AURELIA
 Dammi la tua manina.
 PASQUINO
 Se ci vede il padron, cosa dirà?
 
 SCENA X
 
 FILIBERTO da una parte, PORPORINA dall’altra osservano in disparte
 
 AURELIA
 Non importa, vien qua.
895Fra noi s’ha d’aggiustare
 e si vada il padrone a far squartare.
 FILIBERTO
 (Obbligato).
 PASQUINO
                          Sì sì, vada in malora
 lui, la sua casa e Porporina ancora.
 PORPORINA
 (Bravissimo).
 AURELIA
                             È noioso
900il signor Filiberto agli occhi miei.
 PASQUINO
 Più non posso di cuor mirar colei.
 AURELIA
 Tu sì sei graziosetto.
 PASQUINO
 Sì, quello è un bel visetto.
 AURELIA
 Se parlassi di cor...
 PASQUINO
                                     Se vi degnaste...
 AURELIA
905Sarei per te.
 PASQUINO
                          Vostro sarei, m’impegno.
 FILIBERTO
 (Femmina indiavolata!)
 PORPORINA
                                               (Oh core indegno!)
 AURELIA, PASQUINO A DUE
 
    Allegri e contenti
 ci amiam di buon core.
 Più dolce è l’amore
910novello nel sen.
 
 PORPORINA, FILIBERTO A DUE
 
    Che voglia mi vien
 d’andarli a scannar.
 
 AURELIA
 
    E vada il padrone...
 
 PASQUINO
 
 E vada la serva...
 
 A DUE
 
915A farsi squartar.
 
 FILIBERTO
 
    Indegna. (Ad Aurelia)
 
 PORPORINA
 
                        Briccone. (A Pasquino)
 
 A DUE
 
 Si tratta così?
 
 AURELIA, PASQUINO A DUE
 
    (Non v’è più rimedio,
 già tutto sentì).
 
 PORPORINA
 
920   Con voi, sfacciatella, (Ad Aurelia)
 mi voglio sfogar.
 
 AURELIA
 
    Con te, birboncella, (A Porporina)
 non voglio gridar.
 
 FILIBERTO, PASQUINO A DUE
 
    Fermate, tacete.
925Non state a strillar.
 
 FILIBERTO
 
    Indegno, briccone, (A Pasquino)
 ti vo’ bastonar.
 
 PASQUINO
 
    Non curo il padrone, (A Filiberto)
 mi vo’ vendicar.
 
 AURELIA, PASQUINO A DUE
 
930   Fermate, tacete,
 non state a strillar.
 
 A QUATTRO
 
    Che rabbia mi sento!
 Che fiero tormento!
 L’affanno, lo sdegno
935vuol farmi crepar.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera.
 
 LISAURA e DORINDO
 
 LISAURA
 Sì, mio caro Dorindo, eccovi il foglio.
 Il padre, che di me non ha sospetto,
 ieri l’ha sottoscritto e non l’ha letto.
 DORINDO
 Oh quanto di ciò godo! (Prende il foglio)
940Vedrete oggi, mia cara,
 quant’opportuno a noi sia questo foglio.
 E vedrà ser Imbroglio
 e ser Cornelio e il conte, ch’è un baggiano,
 che la biscia ha beccato il ciarlatano.
 LISAURA
945Ma quando sarà il giorno
 che potrò, senza tema,
 dir: «Dorindo sei mio»?
 DORINDO
 Nulla di più desio;
 oggi, se mi seconda amica sorte,
950spero di divenir a voi consorte.
 LISAURA
 Lo voglia il ciel.
 DORINDO
                               Vedrete
 qual sia l’affetto mio.
 Oggi ci rivedrem, Lisaura, addio. (Parte)
 
 SCENA II
 
 LISAURA, poi AURELIA
 
 LISAURA
 Amor non dà mai pace.
955Quand’un’alma dovrebbe esser contenta,
 timore e gelosia l’alma tormenta.
 AURELIA
 O signora Lisaura, le son serva.
 Ella è sempre più bella e più vezzosa.
 Quando mai si fa sposa?
 LISAURA
960Ch’io sia sposa o fanciulla,
 quest’è un affar che a voi non preme nulla.
 AURELIA
 Anzi mi preme assai;
 anzi sempre bramai
 che il ciel secondo e amico
965fosse al suo cor. (Non me n’importa un fico).
 LISAURA
 Ed io bramai di core,
 per non dirvi bugia,
 che voi di questa casa andaste via.
 AURELIA
 Grazie alla sua bontà. V’andrò ma forse
970bramerà il mio ritorno
 e si ricorderà d’Aurelia un giorno.
 LISAURA
 È difficil molto.
 AURELIA
                                Oh già si sa
 che una dama di rango non si degna
 rammentarsi di me vile ed abbietta.
 LISAURA
975Siete, Aurelia mia cara, una fraschetta.
 
    Principiai amar per gioco
 e d’amor il cor m’accesi,
 già m’alletta il dolce foco
 e maggior ognor si fa.
 
980   Fra i piaceri e fra i diletti
 oggi nacque il mio tormento;
 ma d’amare io non mi pento,