Semiramide, libretto, Torino, Stamperia Reale, 1757, II

                                             Non l’ho veduto.
 FILIBERTO
 Perché?
 PASQUINO
                  Perché un po’ tardi
 a palazzo, signor, sono arrivato
 e il causidico già se n’era andato.
 FILIBERTO
 Non importa. Stassera
380l’andrai a casa a ritrovar.
 PASQUINO
                                                Gnorsì.
 FILIBERTO
 Dammi dunque la borsa.
 PASQUINO
                                                Eccola qui.
 FILIBERTO
 Questi pochi denar son risparmiati.
 PASQUINO
 Li volete contar?
 FILIBERTO
                                 L’ho già contati.
 Li porrò nello scrigno.
385Ma incomodar non mi vorrei. Pasquino,
 tieni le chiavi... No... Fidarsi tropo
 non sta bene. Adesso. Porporina.
 
 SCENA X
 
 PORPORINA e detti
 
 PORPORINA
 Signor.
 FILIBERTO
                 Il tavolino
 porta e lo scrigno. Aiutale, Pasquino.
 PORPORINA
390Subito. (Pesa poco, è ormai finito).
 PASQUINO
 (Volea darmi le chiavi e si è pentito).
 PORPORINA
 (Chi non si fida merta esser gabbato).
 PASQUINO
 (Di trapolarlo il modo ho già pensato).
 PORPORINA
 Ecco lo scrigno.
 FILIBERTO
                               Tieni, aprilo tosto.
 PORPORINA
395L’ho aperto.
 FILIBERTO
                         Brava.
 PORPORINA
                                        Altro da noi comanda?
 FILIBERTO
 Andate pur; da me mi divertisco.
 PORPORINA
 Serva, signor padron. (Parte)
 PASQUINO
                                           La riverisco. (Parte)
 FILIBERTO
 
    Scrigno caro, bello bello,
 te ne vai così pian piano
400ed ormai non ve n’è più.
 
 PORPORINA
 
    Ehi signor, siete chiamato.
 
 FILIBERTO
 
 Chi mi vuole?
 
 PORPORINA
 
                             Il palazzista.
 
 FILIBERTO
 
 Oh che vita, amara e trista!
 Vada via, ritornerà.
 
 PASQUINO
 
405   Ehi, signor siete cercato.
 
 FILIBERTO
 
 Chi mi brama?
 
 PASQUINO
 
                               È un cavaliere.
 
 FILIBERTO
 
 Vada via, ritornerà.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
 (Ed ancor non se ne va?) (Fra loro)
 
 FILIBERTO
 
    Scrigno caro, belo belo.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
410Sì signor, ghe lo diremo. (Verso la scena)
 
 FILIBERTO
 
 Con chi dite?
 
 A DUE
 
                            Una parola,
 una cosa sola sola
 vi vuol dire e se ne va.
 
 FILIBERTO
 
 Oh che pena!
 
 A DUE
 
                            (Se ne va). (Fra loro di Filiberto)
 
 FILIBERTO
 
415Oh che rabbia! (Parte)
 
 A DUE
 
                                (Se ne va). (Fra loro come sopra)
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
    Se n’è andato, se n’è andato.
 E lo scrigno è spalancato, (Rubano due borse)
 prendi, prendi, piglia, piglia.
 Presto, presto, ch’egli è qua.
 
 FILIBERTO
 
420   Cosa fate? (Torna)
 
 A DUE
 
                          Niente, niente. (Nascondono le borse)
 
 FILIBERTO
 
 Cos’è questo? (Se n’accorge)
 
 A DUE
 
                             Nulla, nulla. (Vogliono nascondere)
 
 FILIBERTO
 
 Vuo’ sapere.
 
 PORPORINA
 
                          A unna fanciula?
 
 FILIBERTO
 
 Vuo’ cercare. (In tasca)
 
 PASQUINO
 
                            Ad un zitelo?
 
 FILIBERTO
 
 Birboncello l’ho trovato. (Trova la borsa)
425Disgraziata. M’hai rubato. (Fa lo stesso)
 Presto andate via di qua.
 
 PORPORINA
 
    Io non sono.
 
 PASQUINO
 
                             È stata lei.
 
 FILIBERTO
 
 Sei bugiardo, ardita sei.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
 Perdonate per pietà.
 
 FILIBERTO
 
430Presto andate via di qua.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera come prima.
 
 AURELIA e CORNELIO
 
 AURELIA
 Anderà ben, benissimo.
 Con quattro paroline io l’ho incantato,
 è di me innamorato,
 la dote mi farà.
 CORNELIO
                               Come facesti
435a tirarlo in la rete?
 AURELIA
                                     Io, tu lo sai,
 ho un certo che nel volto,
 ho un certo che nel tratto,
 misto così tra il furbo e il semplicioto,
 che ogniuno che mi parla resta cotto.
 CORNELIO
440Ma vorrei che allorquando
 moglie mia tu sarai,
 niun altro s’accendesse al tuo bel foco.
 AURELIA
 Se geloso sarai, goderai poco.
 CORNELIO
 Basta, ne parleremo. Ma io penso,
445se il signor Filiberto
 vi ha promesso la dote,
 sarà sì generoso
 sol coll’idea di divenir tuo sposo.
 AURELIA
 Così sarà ma io
450so fare il fatto mio.
 Della sua negligenza
 profittarmi saprò.
 Forse gli rapirò,
 col pretesto di far la soscrizione
455al contratto nuzial, la donazione.
 CORNELIO
 Oh gran donna! Oh gran donna io col tuo esempio
 propor vuo’ a Filiberto
 l’aggiustamento della lite. A lui
 chiederò la sua firma,
460per chiudere il contrato,
 e quand’egli mi creda il colpo è fatto.
 AURELIA
 Con ragion ci ha congiunti
 amor sagace e scaltro,
 nati siam veramente uno per l’altro.
 CORNELIO
465Ah ch’io non vedo l’ora,
 cara, che tu fia mia.
 AURELIA
 Tua sarò ma non voglio gelosia.
 CORNELIO
 Dammi la bella man. Lascia che almeno
 io me la stringa al seno.
 AURELIA
470Sì, caro, ecco la man; se tu la vuoi,
 del mio core e di me dispor tu puoi.
 
 SCENA II
 
 FILIBERTO in disparte e detti
 
 CORNELIO
 Oh che cosa gustosa (Si tengono sempre per mano)
 aver sì bella sposa!
 AURELIA
 Oh che felice sorte
475aver sì buon consorte!
 CORNELIO
 Marito fortunato!
 AURELIA
 Quando, quando verrà quel dì beato?
 FILIBERTO
 Bravi. Buon pro vi faccia.
 CORNELIO
                                                 (Oh maledetto!)
 AURELIA
 Vi giuro e vi prometto, (A Filiberto)
480caro il mio ben, che sempre parlerei
 del nostro matrimonio
 e ne chiamo Cornelio in testimonio.
 CORNELIO
 (Oh brava!) Sì, davvero
 ella vi vuol gran bene.
 FILIBERTO
                                           Mi vuol gran bene?
485Parmi ch’ella dicesse:
 «Oh che felice sorte
 aver sì buon consorte!» (Accennando Cornelio)