Semiramide, libretto, Torino, Stamperia Reale, 1757, II

 che la biscia ha beccato il ciarlatano.
 LISAURA
 Ma quando sarà il giorno
 che potrò, senza tema,
875dir: «Dorindo sei mio»?
 DORINDO
 Nulla di più desio.
 Oggi, se mi seconda amica sorte,
 spero di divenire a voi consorte.
 LISAURA
 Lo voglia il ciel.
 DORINDO
                               Vedrete
880qual sia l’affetto mio.
 Oggi si rivedrem; Lisaura, addio. (Parte)
 
 SCENA II
 
 LISAURA, poi AURELIA
 
 LISAURA
 Amor non dà mai pace.
 Quand’un’alma dovrebbe esser contenta
 timore e gelosia l’alma tormenta.
 AURELIA
885O signora Lisaura, le son serva.
 Ella è sempre più bella e più vezzosa.
 Quando mai si fa sposa?
 LISAURA
 Ch’io sia sposa o fanciulla,
 quest’è un affar che a voi non preme nulla.
 AURELIA
890Anzi mi preme assai;
 anzi sempre bramai
 che il ciel secondo e amico
 fosse al suo cor. (Non me n’importa un fico).
 LISAURA
 Ed io bramai di core,
895per non dirvi bugia,
 che voi di questa casa andaste via.
 AURELIA
 Grazie alla sua bontà. N’andrò ma forse
 bramerà il mio ritorno
 e si ricorderà d’Aurelia un giorno.
 LISAURA
900È difficile molto.
 AURELIA
                                  Oh già si sa
 che una dama di rango non si degna
 rammentarsi di me vile ed abietta.
 LISAURA
 Siete, Aurelia mia cara, una fraschetta.
 
    L’onda dal mar divisa
905bagna la valle, il monte,
 va passagiera in fiume,
 va prigionera in fonte,
 mormora sempre e geme,
 fin che non torna al mar.
 
910   Al mar, dov’ella nacque,
 dove acquistò gli umori,
 dove da lunghi errori
 spera di riposar.
 
 SCENA III
 
 AURELIA, poi CORNELIO
 
 AURELIA
 Vedrà, vedrà la stolta
915quale sarà del simular l’effetto.
 CORNELIO
 Aurelia, ecco in un foglio
 assicurata alfin la nostra sorte.
 AURELIA
 Adorato consorte,
 voi mi date la vita.
 CORNELIO
                                     Abbiam buscato
920trentamila ducati e siamo in tre,
 diecimila de’ quai toccano a me.
 AURELIA
 Ora, se a me non riesce
 di carpirgli la dote,
 poco v’importerà.
 CORNELIO
                                   Nulla mi preme.
925I diecimila si godremo insieme.
 AURELIA
 (Buon per me, Filiberto
 ora meco è sdegnato).
 CORNELIO
                                           Che ne dite;
 son io di buona testa?
 AURELIA
                                           Ma il denaro
 l’avete ancora avuto?
 CORNELIO
930No, ma son qui venuto
 per farmelo contare.
 AURELIA
 Fra tanto ci potressimo sposare.
 CORNELIO
 Ciò si fa facilmente. Ecco la mano.
 AURELIA
 Accetto il dolce invito.
935Tua consorte io son.
 CORNELIO
                                       Son tuo marito.
 
    Voi che languite senza speranza,
 voi che sofrite tiranno amore
 dite se affano del mio magiore,
 dite se pena magior si dà;
 
940   il genitor fra le ritorte,
 in bracio a morte l’idolo amato,
 solo in quest’anima tutta si sfoga
 d’averso fato la crudeltà.
 
 SCENA IV
 
 PASQUINO, poi PORPORINA
 
 PASQUINO
 (Oh quanto mi dispiace
945avermi disgustata Porporina).
 PORPORINA
 (O povera meschina!
 Or son senza marito).
 PASQUINO
 (D’averla abbandonata io son pentito).
 PORPORINA
 (Eccolo. Traditore,
950con Aurelia attaccarsi!)
 PASQUINO
 (È qui. Crudel, lasciarsi
 gabbar da quel zerbino!)
 PORPORINA
 (Oh me infelice!)
 PASQUINO