Semiramide, libretto, Stoccarda, Cotta, 1762

 SCENA VI
 
 IRCANO e MIRTEO
 
 IRCANO
 La principessa udisti? Ella superba
 va degli affetti miei. Misero amante!
 Ti sento sospirar, ti veggo afflitto.
 Cangia, cangia desio
200e per consiglio mio torna in Egitto.
 MIRTEO
 Mi fai pietà. La tua fiducia insana,
 il tuo rozzo parlar con cui l'offendi
 ti rinfaccia Tamiri e non l'intendi.
 IRCANO
 Dunque in diversa guisa i loro affetti
205qui trattano gli amanti! E quale è mai
 questo vostro d'amor leggiadro stile?
 MIRTEO
 Con lingua più gentile
 qui si parla d'amor: qui con rispetto
 un bel volto si ammira;
210si tace, si sospira,
 si tollera, si pena;
 l'amorosa catena
 si soffre volentier benché severa.
 IRCANO
 E poi si ottien mercede?
 MIRTEO
                                               E poi si spera.
 IRCANO
215Miserabil mercé! No, d'involarti
 il pregio di gentil non ho desio.
 Ciascun siegua il suo stile; io sieguo il mio.
 
    Maggior follia non v'è
 che per godere un dì
220questa soffrir così
 legge tiranna.
 
    Io giuro amore e fé
 a più d'una beltà
 né serbo fedeltà
225quando m'affanna. (Parte)