Semiramide, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1771

 SCENA V
 
 TAMIRI, MIRTEO ed IRCANO
 
 TAMIRI
 Più che ad ogn'altro spiace
 la dimora a Scitalce; ei pensa e tace.
 IRCANO
155Non curar di quel folle
 Godi di tua ventura
 che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
 Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
 MIRTEO
 Che fai! Non ti rammenti
160il comando reale?
 IRCANO
                                   E il re qual dritto
 ha di fraporre a' miei cortesi affetti
 o limiti o dimore?
 TAMIRI
 Che? Tu conosci amore? Il tuo piacere
 è domar combattendo uomini e fere.
 IRCANO
165È ver ma il tuo sembiante
 non mi spiace però; godo in mirarti
 e curioso il guardo
 più dell'usato intorno a te s'arresta.
 TAMIRI
 Gran sorte inver del mio sembiante è questa!
 
170   Che quel cor, quel ciglio altero
 senta amor, goda in mirarmi?
 Non lo credo, non lo spero;
 tu vuoi farmi insuperbir.
 
    O pretendi allor che torni
175ai selvaggi tuoi soggiorni
 rammentar così per gioco
 l'amoroso mio martir. (Parte)