Il trionfo di Clelia, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1774

 SCENA III
 
 CLELIA e LARISSA
 
 CLELIA
 Vedesti o principessa
 giammai più rea temerità? Nemico
 qui presentarsi a me! Parlar d'affetti
55alla sposa d'Orazio! A me la destra
 offrir promessa a te! Ma come in seno
 può mai destarti amore...
 LARISSA
 Clelia, ah non più; tu mi trafiggi il core.
 Io dell'amor paterno, io d'un reale
60magnanimo riguardo, io sono, amica,
 la vittima infelice.
 Porsenna è padre e re; re, de' regnanti
 le ragioni in Tarquinio
 generoso sostien; padre, alla figlia
65amoroso procura
 un trono assicurar.
 CLELIA
                                     Che giova il trono
 con un Tarquinio?
 LARISSA
                                     Ah non è noto il nero
 suo carattere al padre. Al padre in faccia
 si trasforma il fallace. Oh te felice
70che d'amator sì degno
 puoi vantarti in Orazio!
 CLELIA
                                              È ver; ma intanto
 cinta mi trovo, oh dio
 dall'insidie d'un empio... Ah non ignori
 Orazio i rischi miei; scambievol cura
75è la gloria d'entrambi. Addio.
 LARISSA
                                                        T'arresta.
 Se cerchi Orazio, io so che a te fra poco
 qui dee venir. Seco ragiona; a lui
 confida i tuoi timori; in due diviso
 ogni tormento è più leggiero. Oh dio!
80Così potessi anch'io
 fidare a chi l'accende
 tutto il mio core!
 CLELIA
                                  Ama Larissa!
 LARISSA
                                                             Il labbro
 ah fu del mio segreto
 negligente custode. Amo e severa
85a tacer mi condanna
 la legge del dover. Legge tiranna!
 
    Ah celar la bella face
 in cui pena un cor fedele
 è difficile, è crudele,
90è impossibile dover.
 
    Benché in petto amor sepolto
 prigioniero contumace
 frange i lacci e fugge al volto
 con gli arcani del pensier. (Parte)