L’Arcadia in Brenta, libretto, Verona, Saracco, 1752

 SCENA IX
 
 Arriva un burchiello da cui sbarca il conte BELLEZZA
 
 FABRIZIO
 Oh che gran signorone,
 costui porre mi vuole in soggezione.
 CONTE
 Permetta, anzi conceda
360che prostrato si veda
 al prototipo ver de' generosi
 l'infimo de' suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
 Servitor obligato.
 CONTE
 La fama ha publicato
365i pregi vostri con eroica tromba;
 l'eco intorno rimbomba
 il nome alto sovrano
 di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei.
 CONTE
370Ed io pur bramerei,
 anzi sospirerei,
 benché il merito mio sia circonscritto,
 nel ruolo de' suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
 Anzi de' miei padroni.
 CONTE
375Ah mio signor, perdoni
 se tracotante, ardito,
 prevenendo l'invito,
 per far la mente mia sazia e contenta,
 son venuto a goder l'Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
380S'accomodi.
 CONTE
                         La fama
 poco disse finor di voi parlando,
 voi cantando, esaltando.
 Veggo più, veggo molto
 in quell'amabil volto
385che con raggi di placido splendore
 spiega l'idea del liberal suo core.
 FABRIZIO
 Signor, lei mi confonde.
 Vorrei dir ma non so.
 Per andar alla breve io tacerò.
 CONTE
390Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace! Ella tacendo
 col muto favellar va rispondendo.
 Ed io, che tutto intendo,
 il genio suo comprendo.
395Ella vuol favorirmi ed io mi arrendo;
 ed accetto le grazie e grazie rendo.
 FABRIZIO
 Le renda o non le renda,
 è tutta una facenda.
 Se qui vuole restar, mi farà onore.
400Cerimonie non so, son di buon core.
 CONTE
 Viva il buon cor. Anch'io l'affettazione
 odio nelle persone;
 parlar mi piace natural affatto.
 Perciò dal seno estratto
405il più divoto e caldo sentimento,
 trabocca dalle labra il mio contento.
 FABRIZIO
 Se questo è naturale,
 parla ben, non vi è male.
 CONTE
 La provida natura
410prese di me tal cura
 che mi rese il più vago e il più giocondo
 grazioso cavalier che viva al mondo.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S'ella bramasse
 riposarsi, è padron.
 CONTE
                                       Sì, mio signore;
415accetterò l'onore
 che l'arcisoprafina sua bontà
 gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pancrazio, (Al servo)
 servi questo signor.
 CONTE
                                       L'essuberanza,
420anzi l'essorbitanza
 delle grazie, onde lei m'ha incatenato...
 FABRIZIO
 Vada, basta così.
 CONTE
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non fia mai vero
 ch'io manchi al dover mio...
 FABRIZIO
425Vada lei, mio signore, o vado io.
 CONTE
 
    Non s'adiri di grazia, ch'io taccio.
 Non vo' darli più noia né impaccio,
 bramo solo... Sto zitto e non parlo,
 più non ciarlo e credetelo a me.
 
430   Ma tal pena chi puol mai soffrire?
 Io star cheto? Mi sento morire,
 signor caro... ho finito, in mia fé.