L’Arcadia in Brenta, libretto, Bologna, Pisarri e Primodì, 1753 (Faenza)

 questo favor mi vuol costar salato).
 GIACINTO
 Su via fatevi onore.
 FORESTO
640Via, portatevi ben signor pastore.
 FABRIZIO
 A voi Rosana bella,
 mia cara pastorella,
 perché mi brilla in sen il cor contento,
 questo picciol brillante io vi presento.
 ROSANA
645È molto spiritoso, è molto bello;
 brilla comecché a voi brilla il cervello.
 FABRIZIO
 Grazie a lei. A Lauretta,
 graziosa, vezzoseta,
 per cui ognora tormentato sono,
650questo orologio d’or presento in dono.
 LAURA
 Il vostro dono accetto
 e contemplar prometto
 in lui la vostra amabile figura,
 perché voi siete tondo di natura.
 FABRIZIO
655Obbligato. A madama
 perché si guardi dalla stranutiglia
 le do una tabacchiera di Siviglia.
 LINDORA
 Ed io, che v’amo tanto, bramerei
 che in questa tabacchiera,
660per poterne goder a tutte l’ore,
 fosse polverizzato il vostro core.
 FABRIZIO
 Che bontà! Che finezze?
 IL CONTE
                                               Or di que’ doni
 ne disponga ciascuna a suo talento
 e facia al donator un complimento.
 ROSANA
665Io pongo quest’anello
 nelle man di Giacinto
 e dico al donatore
 ch’io lo delusi e questo è il mio pastore.
 FABRIZIO
 Come?
 LAURA
                 Quest’orologgio
670a Foresto consegno
 e al donatore io dico
 che già di lui non me n’importa un ficco.
 FABRIZIO
 Che! Che?
 LINDORA
                       La tabacchiera
 al principe presento e mio pastore,
675perché quel tabaccaccio mi fa male
 e chi me l’ha donato è un animale.
 IL CONTE, GIACINTO
 Viva il signor Fabrizio.
 FORESTO
 Si rallegriam con lei.
 FABRIZIO
 Che siate maledetti tutti sei. (S’alzano)
 
680   Corpo del diavolo,
 parmi un po’ troppo,
 che! Sono un cavolo?
 Son gentiluomo
 del mio paese,
685io fo le spese,
 io son padrone,
 che impertinenza!
 Che prepotenza!
 Come? Che dite?
690Eh padron mio,
 basta così.
 
    La vuo’ finire,
 me ne vogl’ire.
 Signore ninfe,
695gnori pastori,
 bon viaggio a loro.
 Se n’anderanno,
 signori sì.
 Che? Non gli piace.
 
 SCENA II
 
 Tutti, fuorché Fabrizio
 
 FORESTO
700Signori, con licenza,
 vuo’ seguitar Fabrizio. Egli è arrabiato.
 Vuo’ veder di placarlo. A dirla schietta,
 tutto il torto non ha. Ma questo è il frutto
 di chi vuol far di più del proprio stato;
705spende, soffre, non gode ed è burlato. (Parte)
 LAURA
 Io rido quando vedo
 certi pazzi che fan gl’innamorati
 e credon col contante
 render la donna amante.
710Quando il genio non v’è, non fanno niente.
 Si lascian nell’inganno;
 e se si voglion rovinar suo danno.
 LINDORA
 In quanto a questo poi,
 non dico come voi,
715non dono e non accetto
 e per non ingannar nulla prometto.
 LAURA
 Parliam d’altro di grazia.
 IL CONTE
                                                Deh madama. (A Lindora)
 Andiamo per questi deliziosi colli,
 co’ vostri bei colori,
720la vil bellezza a svergognar de’ fiori.
 ROSANA
 (Che parlar caricato).
 GIACINTO
 (E pur così affettato
 vi dovrebbe piacer).
 ROSANA
                                        (Per qual ragione?)
 GIACINTO
 Piace alle donne assai l’adulazione. (A Rosana)
 IL CONTE
725Concedete ch’io possa
 regger col braccio mio... (A Lindora)
 LAURA
 Eh signor conte mio,
 lei parte con madama,
 Rosana se n’andrà col suo Giacinto
730ed io resterò sola?
 Lei di cavalleria non sa la scola.
 IL CONTE
 Ha ragion.
 Io sono un mentecato, io son un bue.
 Servirò, se il permette, a tutte due.
 LAURA
735Se madama l’accorda...
 LINDORA
                                             Io nol contendo.
 LAURA
 Io son contenta e le sue grazie attendo.
 IL CONTE
 Eccomi. Favorisca. Faccia grazia.
 Su l’umil braccio mio poggi la mano.
 LAURA
 Caminate più presto.
 LINDORA
                                          Andate piano.
 GIACINTO
740(Son godibili assai). (A Rosana)
 ROSANA
 (Più grazioso piacer non ebbi mai). (A Giacinto)
 LAURA
 Ma via, non vi mancate?
 IL CONTE
                                               Eccomi. Lesto.
 LINDORA
 Non andate sì presto;
 di già voi mi stroppiate.
 LAURA
745Con questo andar sì pian, voi m’ammazate.
 GIACINTO
 (Oh belli!)
 ROSANA
                       (Oh cari!)
 IL CONTE
                                            (Io sono
 nel terribile impegno). Via, madama,
 un tantinin più presto.
 Eh via, cara signora,
750un tantinin più piano.
 LAURA
 Più piano di così? Mi vien la morte.
 LINDORA
 Vi dico ch’io non posso andar sì forte.
 IL CONTE
 
    Questa forte e quella piano,
 l’una tira e l’altra mola,
755non so più cosa mi far.
 Favoriscano la mano,
 anderò come potrò.
 
    Forti, forti, saldi, saldi,
 vada pur ciascuna sola.
760Io gli sono servitor.
 
    Che commanda? Eccomi qui.
 Ch’io la temi? Eccomi pronto.
 Cominciam così, così.
 Troppo forte? Troppo piano?
765D’incontrar io spero invano
 di due donne il strano umor.
 
 SCENA III
 
 ROSANA, GIACINTO, LINDORA, LAURETA
 
 GIACINTO
 Ah ah, che bella cosa!
 ROSANA
 Cosa invero piacevole e gustosa.
 LAURA
 Madama, andate pian quanto volete,
770per non venir in vostra compagnia,
 vi faccio riverenza e vado via. (Parte)
 LINDORA
 Oibò? Correr sì forte
 non conviene per certo ad una dama.
 Affettar noi dobbiam, per separarci
775dalla gente ordinaria,
 una delicatezza estraordinaria. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ROSANA e GIACINTO
 
 ROSANA
 Bei caratteri al certo.
 GIACINTO
                                         Anzi bellissimi.
 Io che stolto non son scelta ho per ninfa
 donna di senno e di beltà.
 ROSANA
                                                  Di grazia,
780non seguite anche voi quel vil costume
 di adular per piacere.
 GIACINTO
                                          Ah nol temete;
 io vi stimo assai più che non credete.
 ROSANA
 Per or godo l’onore
 che siate mio pastore
785ma, terminata poi l’Arcadia nostra,
 pastorella non son, non son più vostra.
 GIACINTO
 Chi sa, se non sdegnate
 di chi v’adora il core,
 io per sempre sarò vostro pastore.
 ROSANA
790Felicissima Arcadia allor direi,
 se tutti i giorni miei
 lieta passar potessi al colle, al prato
 col mio pastor, col mio Giacinto allato.
 
    Se di quest’alma i voti
795ascolta il dio d’amor,
 lieto sarà il mio cor,
 sarò felice.
 
    Per or di più non dico
 ma forse un dì verrà
800che il labbro dir potrà
 quel ch’or non lice.
 
 SCENA V
 
 GIACINTO
 
 GIACINTO
 Purtroppo è ver che s’introduce il foco
 d’amor ne’ nostri petti a poco a poco.
 Queste villeggiature
805in cui sì francamente