L’Arcadia in Brenta, libretto, Cremona, Ricchini, 1754

 SCENA VII
 
 FABRIZIO, poi LINDORA
 
 FABRIZIO
 Tutto va ben. Lo so che mi rovino.
795Ma non importa. Almen anch'io godessi
 da codeste mie ninfe traditore
 un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA
 Signor Fabrizio. (Di lontano)
 FABRIZIO
                                  (Questa, a dir il vero,
 mi par troppo soffistica).
 LINDORA
                                                Non sente?
800Signor Fabrizio. (Come sopra)
 FABRIZIO
                                  (E pur, se mi volesse,
 io non ricuserei
 di far un poco il cicisbeo con lei).
 LINDORA
 Si... gnor Fabri... zio. (Con caricatura)
 FABRIZIO
                                          Oh cielo! Mi perdoni,
 non l'avevo sentita.
 LINDORA
805Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta enfiata;
 quasi in petto una vena m'è creppata.
 FABRIZIO
 Cancaro. Se ne guardi.
 LINDORA
 Sederei volentier ma questa sedia
810è dura indiavolata.
 Sul morbido seder son avvezzata.
 FABRIZIO
 Ehi... dico. Eh reca tosto
 una sedia miglior. (Viene il servo)
 LINDORA
                                     Molt'obbligata. (Il servo va e torna con una sedia di damasco)
 FABRIZIO
 Seda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                             Oibò, è sì dura
815cotesta imbottitura
 ch'io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
 Rimediarvi conviene.
 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
 Compatisca signor.
 FABRIZIO
                                      Ella è padrona. (Torna il servo colla poltrona)
820Eccola, se ne servi.
 LINDORA
                                     Oh peggio, peggio.
 No no, non me ne curo;
 il guancial di vacchetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh corpo d'un giudio,
 ora la servo io. (Parte)
 LINDORA
                               Portate via
825la sedia ed il guanciale,
 quell'odor di vacchetta mi fa male. (Torna Fabrizio con un matarazzo)
 FABRIZIO
 Eccole un matarazzo;
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest'è uno strappazzo,
 lo conosco, lo so; no, non credevo
830dover soffrir cotanto;
 (io crepo dalle risa e fingo il pianto).
 
    Voglio andar... Non vuo' più star,
 più beffata esser non vuo'.
 Signorsì, me n'anderò,
835sono tanto tenerina
 ch'ogni cosa mi scompone;
 e voi siete la cagione
 che m'ha fatto lagrimar.