L’Arcadia in Brenta, libretto, Londra, Woodfall, 1755

240Ma Laura sarà poi meco sdegnata.
 FABRIZIO
 Io non vo’ quella donna indiavolata.
 ROSANNA
 L’amicizia, il dover non lo permette.
 FABRIZIO
 Amor non vuol riguardi,
 aggiustiamo le cose infra di noi
245e lasciate che poi Lauretta dica.
 ROSANNA
 V’amo ma non vogl’io tradir l’amica.
 FABRIZIO
 Oh caro il mio tesoro,
 già spasimo, già moro. (Ascolta)
 ROSANNA
 Olà, signor Fabrizio,
250più rispetto vi dico e più giudizio.
 
    So che celar dovrei
 il mio novello amore
 ma tanto non credei
 che ardito il vostro core
255giugnesse a delirar.
 
    Nel seno eguale ardor
 forse risento anch’io
 ma un nobile rigor
 insegna al foco mio
260le fiamme a moderar.
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO, poi un servo che non parla
 
 FABRIZIO
 Rosanna mi vuol bene e mi discaccia;
 Laura mi porta affetto e mi strapazza.
 Io non so di che razza
 siano cotesti amori.
265Se le ninfe e i pastori
 s’innamoran così son tutti matti,
 questo sembra un amor tra cani e gatti.
 Chi? Madama Lindora?
 Dille che venga tosto e non si penta,
270che venga ad onorar l’Arcadia in Brenta. (Parte il servo)
 Caspita, questa dama
 di conoscermi brama!
 Fosse di me invaghita! Allora sì
 che queste due ragazze
275farei di gelosia diventar pazze.
 
 SCENA VII
 
 Madama LINDORA con due braccieri e detti
 
 LINDORA
 Oimè, non posso più. (Indietro)
 FABRIZIO
                                           Che cosa è stato?
 LINDORA
 Ho tanto caminato,
 non posso più.
 FABRIZIO
                              Vicino è il suo palazzo.
 Men d’un tiro di schioppo.
 LINDORA
280Per le mie pianticine è troppo troppo.
 FABRIZIO
 Vi siam, s’avanzi e seda.
 LINDORA
 Guardate per pietà
 che non vi siano fiori;
 io non posso sentir cattivi odori.
 FABRIZIO
285L’odor non è cattivo! Faccia grazia.
 LINDORA
 Ahi, ahi.
 FABRIZIO
                   Qualche disgrazia?
 LINDORA
 Maledetto giardino!
 Ho sentito l’odor di gelsomino.
 FABRIZIO
 Vuol che lo butti via?
 LINDORA
                                         Sì, ve ne priego.
 FABRIZIO
290Vattene, o tristo vaso,
 che di madama hai conturbato il naso.
 Via, s’avanzi un tantino.
 LINDORA
 Adagio, pian pianino. (Ai bracieri)
 Mi volete stroppiar. Voi lo sapete,
295son delicata assai...
 Tre passi in una volta non fo mai.
 FABRIZIO
 Come dunque farà a salir le scale?
 LINDORA
 Tacete, mi vien male
 solo in pensarlo.
 FABRIZIO
                                 Scusi, mi perdoni;
300ella è forse stroppiata?
 LINDORA
 Anzi più ben tagliata
 donna non v’è di me. Voi stupireste
 nel vedermi ballar.
 FABRIZIO
                                      Quando si balla
 non si fan quattro passi in su un mattone.
 LINDORA
305Trovata ho un’invenzione
 di far i minuetti
 con piccoli passetti;
 e perché il tempo veramente intendo,
 quattro battute in ogni passo io spendo.
 FABRIZIO
310Dunque sopra una festa in tal maniera
 un minuetto si farà per sera.
 LINDORA
 Ma dove son le belle
 arcade pastorelle?
 FABRIZIO
 Or le farò venir. Ehi. (Chiama il servo)
 LINDORA
                                          State zitto.
315Oimè con quella voce così alta
 voi mi fate stordir.
 FABRIZIO
                                     Veh, cosa sento?
 Ella non può sentir alzar la voce?
 LINDORA
 Lo stranuto e la tosse ancor mi nuoce.
 FABRIZIO
 Ma gran delicatezza!
320Credo provenga dalla gran bellezza.
 LINDORA
 Non dico; ma può darsi.
 FABRIZIO
 Certo, signora sì.
 LINDORA
 Quando lo dice lei, sarà così.
 Andrò, se si contenta,
325le amiche a ritrovar.
 FABRIZIO
                                        Ma non vorrei
 che troppo affaticasse;
 prima che sia arrivata
 per lei ci vuole almeno una giornata.
 LINDORA
 Andrò così bel bello,
330se si contenta lei signor Fabrizio.
 FABRIZIO
 Ah vada, vada (che mi fa servizio).
 LINDORA
 
    Riverente, a lei m’inchino.
 Ehi, braccieri, qua la mano.
 Venga presto... Andate piano.