L’Arcadia in Brenta, libretto, Amburgo, Spieringk, 1755

 Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Oibò, è sì dura
920cotesta imbottitura
 ch’io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
 Rimediarvi conviene.
 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
 Compatisca, signor.
 FABRIZIO
                                       Ella è padrona. (Torna il servo colla poltrona)
925Eccole, se ne servi.
 LINDORA
                                     Oh peggio, peggio.
 No no, non me ne curo;
 il guancial di vacchetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh corpo d’un giudio,
 ora la servo io. (Parte)
 LINDORA
                               Portate via
930la sedia ed il guanciale,
 quell’odor di vacchetta ahi mi fa male. (Torna Fabrizio con un matarazzo)
 FABRIZIO
 Eccolo un matarazzo;
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest’è un strapazzo.
 Lo conosco, lo so; no, non credevo
935dover soffrir cotanto;
 ahi, che mi vien per il dolore il pianto.
 
    Voglio andar... Non vo’ più star,
 più beffata esser non vo’,
 signorsì, me n’anderò.
940Sono tanto tenerina
 ch’ogni cosa mi scompone;
 e voi siete la cagione
 che m’ha fatto lagrimar.
 
    Se sdegnarmi almen sapessi,
945vendicarmi or io vorrei.
 Ma senz’altro morirei,
 se m’avessi ad arrabbiar.
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO, poi FORESTO
 
 FABRIZIO
 Si contenga chi può. Corpo del diavolo
 non ne potevo più.
 FORESTO
                                     Signor Fabrizio,
950il principe d’Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitar all’improviso
 stassera una comedia.
 FABRIZIO
                                           Io non ne so.
 FORESTO
 Non temete, ch’io vi contenterò.
 Il conte ha destinato
955di far da innamorato;
 da innamorata dovrà far madama.
 Lauretta fa la serva,
 io fo da genitore
 e voi dovete far da servitore.
 FABRIZIO
960Da servitor?
 FORESTO
                          Cioè la parte buffa.
 FABRIZIO
 Il buffo io dovrò far? Quest’è un mestiere
 ch’è difficile assai,
 per far ridere i pazzi
 non vi vuol grand’ingegno
965ma far rider i savi è grand’impegno.
 FORESTO
 Già s’avanza la notte,
 andatevi a vestir, ch’io venirò.
 FABRIZIO
 Farò quel che potrò;
 mi dispiace il parlar all’improviso.
970Se fosse una commedia almen studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
 dicendo che il poeta è un ignorante. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 FORESTO solo
 
 FORESTO
 Certo, non dice mal, sogliono tutti
 gettar la colpa su la schiena altrui.
975Se un’opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella;
 quel ch’ha fallato è il mastro di cappella».
 E questo d’aver fatto
 gran musica si vanta,
980e che il difetto vien da chi la canta.
 Infine l’impresario
 senza saper qual siane la cagione
 se ne va dolcemente in perdizione.
 
    Perché riesca bene un’opera,
985quante cose mai vi vogliono!
 Libro buono e buona musica,
 buone voci e donne giovani,
 balli, suoni, scene e macchine.
 E poi basta? Signor no.
990Che vi vuole? Io non lo so!
 Ma nol sa nemmen chi critica,
 benché ognun vuol criticar.
 
    Parla alcuno per invidia,
 alcun altro per non spendere,
995mentre il più di tutti gli uomini
 col capriccio che li domina
 suol pensare e giudicar.
 
 SCENA X
 
 Sala.
 
 Il CONTE col nome di Cintio e FABRIZIO da Pulcinella. LAURETTA da Colombina, LINDORA col nome di Diana e infine FORESTO da Pantalone
 
 IL CONTE
 Seguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                       Eccome ccà.
 IL CONTE
 Siccome un’atra nube
1000s’oppone al sole e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol, cui l’altro cede,
 l’occhio mio più non vede, ond’è che afflitto
 i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
1005Tu me parle tidisca, io non t’intendo.
 IL CONTE
 Fedelissimo servo,
 batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 IL CONTE
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 IL CONTE
 Finger dei che vi sia.
1010Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
 come i comici fanno alla commedia.
 FABRIZIO