L’Arcadia in Brenta, libretto, Bonn, Rommerskirchen, 1757

 SCENA V
 
 FABRIZIO, poi LINDORA
 
 FABRIZIO
 Tutto va ben. Lo so che mi rovino.
 Ma non importa. Almen anch'io godessi
 da coteste mie ninfe traditore
 un qualche segno di pietoso amore!
 LINDORA
510Signor Fabrizio. (Di lontano)
 FABRIZIO
                                  (Questa, a dir il vero,
 mi par troppo flematica).
 LINDORA
                                                 Non sente?
 Signor Fabrizio. (Come sopra)
 FABRIZIO
                                  (E pure, se mi volesse,
 io non ricuserei
 di far un poco il cicisbeo con lei).
 LINDORA
515Si... gnor Fa... bri... zio. (Con cariccatura)
 FABRIZIO
                                              Oh cielo! Mi perdoni!
 Non l'avevo sentita.
 LINDORA
 Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta infiata;
 quas'in petto una vena m'è creppatta.
 FABRIZIO
520Cancaro. Se ne guardi,
 favorisca.
 LINDORA
                     M'aiuti.
 FABRIZIO
                                      Eccomi lesto.
 LINDORA
 Non mi tocchi.
 FABRIZIO
                              Perché?
 LINDORA
                                               Son tenerina.
 FABRIZIO
 Impastata mi par di ricottina.
 LINDORA
 Ahi, son stanca.
 FABRIZIO
                                S'accomodi, madama.
 LINDORA
525Sederei volontier ma questa sedia
 è dura indiavolata.
 Sul morbido seder son avvezzata.
 FABRIZIO
 Ehi... Dico pian, non tema. Ehi reca tosto
 una sedia miglior. (Viene il servo. Il servo va e torna con una sedia di damasco)
 LINDORA
                                     Molt'obbligata.
 FABRIZIO
530Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Oibò, è sì dura
 cotesta imbottitura
 ch'io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
 Rimediarvi conviene.
 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
535Compatisca, signor.
 FABRIZIO
                                       Ella è padrona. (Torna il servo colla poltrona)
 Eccola, se ne servi.
 LINDORA
                                     Oh! Peggio, peggio.
 No no no, non me ne curo;
 il guancial di vacchetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh! Corpo d'un giudio,
540ora la servo io. (Parte)
 LINDORA
 La sedia ed il guanciale,
 quell'odor di vacchetta ahi mi fa male! (Torna Fabrizio con un matarazzo)
 FABRIZIO
 Eccole un matarazzo;
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest'è un strappazzo,
545lo conosco, lo so; no, non credevo
 dover soffrir cotanto;
 ahi, che mi vien per il dolore il pianto.
 
 Aria
 
    Voglio andar... Non vuo' più star,
 più beffata esser non vuo',
550signorsì, me n'anderò.
 Sono tanto tenerina
 ch'ogni cosa mi scompone;
 e voi siete la cagione
 che m'ha fatto lagrimar.
 
555   Se sdegnarmi almen sapessi,
 vendicarmi or io vorrei.
 Ma senz'altro morirei,
 se m'avessi ad arrabiar.