L’Arcadia in Brenta, libretto, Roma, Puccinelli, 1759

 BELLEZZA, LINDORA e LAURETTA
 
 LINDORA
 Io rido quando vedo
 certi pazzi che fan l'innamorati
 e credon col contante
360render la donna amante.
 Quando il genio non v'è, non fanno niente;
 si lascian nell'inganno
 e se si voglian rovinar suo danno.
 BELLEZZA
 Deh madama gentile,
365andiam per questi deliziosi colli,
 co' vostri bei colori
 la vil bellezza a svergognar dei fiori.
 LAURETTA
 Ehi, signor conte mio,
 io restarò qui sola?
370Lei di cavalleria non sa la scuola.
 BELLEZZA
 Ha raggione, ha raggione,
 io sono un mentecatto, io sono un bue.
 Servirò, se 'l permette, a tutte due.
 LAURETTA
 Se madama l'accorda...
 LINDORA
                                             Io nol contendo.
 LAURETTA
375Io son contenta e le sue grazie attendo.
 BELLEZZA
 Eccomi. Favorisca, faccia grazia.
 Sull'umil braccio mio poggi la mano.
 LAURETTA
 Caminate più presto.
 LINDORA
                                          Andate piano.
 LAURETTA
 Ma via, non vi movete?
 BELLEZZA
                                             Eccomi lesto.
 LINDORA
380Non andate sì presto,
 di già voi mi stroppiate.
 LAURETTA
 Con questo andar sì pian voi mi ammazzate.
 BELLEZZA
 (Nel terribile e grande
 imbroglio io son). Madama,
385un tantinin più forte;
 e voi, cara signora,
 un tantinin più piano.
 LAURETTA
 Più piano di così mi vien la morte. (Lo lassa)
 LINDORA
 Vi dico ch'io non posso andar sì forte. (Lo lassa)
 BELLEZZA
 
390   Questa forte e quella piano,
 l'una tira e l'altra ammolla;
 non so cosa più mi far.
 Favorischino la mano,
 anderò come potrò.
 
395   Forti, forti, saldi, saldi,
 vada pur ciascuna sola.
 Io gli sono servidor.
 
    Che comanda? Eccomi qui.
 Che io la serva? Eccomi pronto.
400Caminiam così, così.
 Troppo forte? Troppo piano?
 D'incontrare io spero invano
 di due donne il strano umor. (Parte)