L’Arcadia in Brenta, libretto, Roma, Puccinelli, 1759

 Cammera.
 
 FABRIZIO, indi LINDORA
 
 FABRIZIO
 Mi rode ancor la bile.
 La rimedian con dir ch'è stato un scherzo
 ma intanto l'orologgio,
 la scatola e l'anello
435non si vedono più; ma almen godessi
 da coteste mie ninfe traditore
 un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA
 Signor Fabrizio?
 FABRIZIO
                                  (Questa
 a dir ver mi par troppo
440flemmatica).
 LINDORA
                           Non sente?
 Signor Fabrizio!
 FABRIZIO
                                 Oh cielo! Mi perdoni.
 Non l'avevo sentita.
 LINDORA
 Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta enfiata;
445quasi in petto una vena mi è crepata.
 FABRIZIO
 Canchero! Se ne guardi,
 sieda.
 LINDORA
               Vi par! Sì dura
 è questa imbottitura
 che io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
450Rimediarvi conviene.
 Farò portarvi a posta una poltrona.
 LINDORA
 Ohibò, che quel guanciale
 ha l'odor di vacchetta e mi fa male.
 FABRIZIO
 Portarò un matarazzo;
455di più non posso far.
 LINDORA
                                        Questo è un strapazzo;
 lo conosco, lo so. Ma non credevo
 dover soffrir cotanto.
 (Io crepo dalle risa e fingo il pianto)
 
    Voglio andar... Non vuo' più star,
460più beffata esser non vuo'.
 Signorsì, me ne anderò.
 
    Sono tanto tenerina
 che ogni cosa mi scompone
 e voi siete la cagione
465che m'ha fatto lagrimar. (Parte)