L’Arcadia in Brenta, libretto, Presburgo, Landerer, 1759

 SCENA III
 
 Giardino.
 
 ROSANA, il CONTE, FORESTO, LAURETTA, tutti sedutti e poi FABRIZZIO
 
 CORO
 
    Che amabile contento
80fra questi ameni fiori
 goder il bel contento
 degl'augielin canori.
 
 A DUE
 
 Che bel udir quest'aure,
 quell'onde a mormorar.
 
 FABRIZIO
 
85   Che bella compagnia,
 fa proprio innamorar.
 
 Bravi, così mi piace,
 voi tutti in bona pace
 state qui allegramente
90e il povero Fabrizzio niente, niente.
 ROSANA
 Via, sedete o signor.
 FABRIZIO
                                        Io sederei
 qui volentieri un pocco
 s'uno di lor signor mi dasse locco.
 FORESTO
 Intesi a dire fra l'altre cose vere
95che non manca mai sedie a chi ha il sedere.
 FABRIZIO
 Capperi, il caso è brutto.
 Io niente e loro tutto? Aspetta aspetta.
 Amico, una parola.
 FORESTO
                                     Oh, che volete?
 FABRIZIO
 Parlar di quel negozio.
 FORESTO
100Di che negozio?
 FABRIZIO
                                Non mi intendete?
 Oh capo storno, de l'arsan?
 FORESTO
                                                           Lauretta,
 addesso torno. Eccomi, ov'è il denaro?
 FABRIZIO
 Asspettate un momento,
 passeggiate un tantin ed io mi sento.
105Ah ah tell'ho ficcata.
 Oh questa sì ch'è bella,
 io non voglio star senza pastorella.
 LAURETTA
 Vo' divertirmi.
 Bella creanza al certo,
110dove apprendeste mai
 cotanta inciviltà?
 FABRIZIO
                                  Finalmente...
 LAURETTA
 Finalmente, vi dico,
 non si tratta così.
 FABRIZIO
                                  Son io...
 LAURETTA
                                                   Voi siete
 un bel ignorantaccio.
115Dirò meglio, voi siete un asinaccio.
 FABRIZIO
 Al padrone di casa?
 LAURETTA
                                       Che padrone!
 Questa casa ch'è qui non è più vostra,
 quest'è l'Arcadia nostra,
 noi siamo pastorelle e voi il pastore
120e non serve che fatte il bel umore.
 FORESTO
 La capite.
 LAURETTA
                     Non occorre che dite:
 «Voglio o non voglio».
 FABRIZIO
                                           Oibò.
 LAURETTA
                                                        Vogliamo fare
 tutto quel che ci pare.
 FABRIZIO
 Sì.
 LAURETTA
         E non è pocca
125la nostra cortesia
 che non v'abbiam finor cacciato via.
 FABRIZIO
 Bene.
 LAURETTA
              Acciò ben la capisca
 la vostra mente stolta
 ve lo tornerò a dir un'altra volta.
 
130   Vogliamo fare
 quel che ci pare,
 vogliam cantare,
 vogliam ballare
 e voi tacete tacete,
135poi che voi siete
 senza giudizio,
 signor Fabbrizzio
 siete arabiato?
 Via, ch'ho burlato,
140non dirò più.
 
    L'Arcadia nostra
 tutto permette,
 due parolette
 non fanno male,
145che un animale
 di voi più docile
 già mai non fu.