L’Arcadia in Brenta, libretto, Presburgo, Landerer, 1759

 io fo le spese,
 io son padrone.
425Che impertinenza!
 Che prepotenza!
 Come? Che dite?
 Eh! Padron mio,
 basta così.
 
430   La vuo’ finire,
 me ne vogl’ire.
 Signore ninfe,
 gnori pastor.
 
 SCENA II
 
 Conte BELLEZZA, madama LINDORA, LAURA e FORESTO
 
 CONTE
 Deh! Madama, (A Lindora)
435andiam per questi deliziosi colli,
 co’ vostri bei colori
 la vil bellezza a svergognar de’ fiori.
 FORESTO
 (Che parlar caricato!) (A Giacinto)
 GIACINTO
 (E pur così affetato
440vi dovrebbe piacer).
 LINDORA
                                        (Per qual ragione?) (A Giacinto)
 GIACINTO
 (Piace alle donne assai l’adulazione). (A Conte)
 CONTE
 Concedete ch’io possa
 regger col braccio mio... (A Lindora)
 LAURA
 Eh! Signor conte mio,
445lei parte con madama,
 Rosana se n’andrà col suo Giacinto
 ed io resterò sola?
 Lei di cavaleria non sa la scola.
 CONTE
 Ha ragion, mi perdoni,
450io son un mentecatto, io son un bue.
 Servirò, se il permette, a tutte due.
 LAURA
 Se madama l’accorda...
 LINDORA
                                             Io nol contendo.
 LAURA
 Io son contenta e le sue grazie attendo.
 CONTE
 Eccomi. Favorisca. Faccia grazia.
455Su l’umil braccio mio poggi la mano.
 LAURA
 Caminate più presto.
 LINDORA
                                          Andate piano.
 GIACINTO
 (Son godibili assai.
 Più grazioso piacer non ebbi mai).
 LAURA
 Ma via, non vi movete?
 CONTE
                                             Eccomi lesto.
 LINDORA
460Non andate sì presto;
 di già voi mi stroppiate.