L’Arcadia in Brenta, libretto, Genova, Tarigo, 1764

 SCENA IX
 
 Arriva un burchiello da cui sbarca il conte BELLEZZA
 
 CONTE
 
    Che amabile volto!
330Che labbro! Che ciglio!
 Di Venere il figlio
 più bello non è. (Guardandosi nello specchio con caricatura)
 
 FABRIZIO
 Poh, che gran signorone!
 Costui porre mi vuole in soggezione.
 CONTE
335Permetta, anzi conceda
 che prostrato si veda
 al prototipo ver de' generosi
 l'infimo de' suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
 Servitor obbligato.
 CONTE
340La fama ha pubblicato
 i pregi vostri con eroica tromba;
 l'ecco intorno rimbomba
 il nome alto sovrano
 di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
345Servitore di lei.
 CONTE
 Ed io pur bramerei,
 anzi sospirerei,
 benché il merito mio sia circonscritto,
 nel ruolo de' suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
350Anzi de' miei padroni.
 CONTE
 Ah, mio signor, perdoni
 se traccotante, ardito,
 prevenendo l'invito,
 per far la mente mia sazia e contenta,
355son venuto a goder l'Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
 S'accomodi.
 CONTE
                         La fama
 poco disse finor di voi parlando,
 voi cantando, esaltando,
 veggio più, veggio molto
360in quell'amabil volto
 che con raggi di placido splendore
 spiega l'idea del liberal suo core.
 FABRIZIO
 Signor, lei mi confonde.
 Vorrei dir ma non so,
365per andar alla breve io tacerò.
 CONTE
 Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace! Ella tacendo
 col muto favellar va rispondendo
 ed io che tutto intendo
370il genio suo comprendo.
 Ella vuol favorirmi ed io mi arrendo;
 ed accetto le grazie e grazie rendo.
 FABRIZIO
 Le renda o non le renda,
 è tutta una facenda.
375Se qui vuole restar, mi farà onore.
 Cerimonie non fo, son di buon core.
 CONTE
 Viva il buon cor. Anch'io l'affettazione
 odio nelle persone;
 parlar mi piace naturale affatto.
380Perciò dal seno estratto
 il più divoto e caldo sentimento,
 trabocca dalle labbra il mio contento.
 FABRIZIO
 Se questo è naturale,
 parla ben, non vi è male.
 CONTE
385La provida natura
 prese di me tal cura
 che mi rese il più vago e il più giocondo
 grazioso cavalier che viva al mondo.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S'ella bramasse
390riposarsi, è padron.
 CONTE
                                       Sì, mio signore;
 accetterò l'onore
 che l'arcisoprafina sua bontà
 gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pancrazio, (Al servo)
395servi questo signor.
 CONTE
                                       L'esuberanza,
 anzi l'esorbitanza
 delle grazie, onde lei m'ha incatenato...
 FABRIZIO
 Vada, basta così.
 CONTE
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non fia mai vero
400ch'io manchi al dover mio...
 FABRIZIO
 Vada lei, mio signore, o vado io.
 CONTE
 
    Partirò, non vi adirate;
 ci vedrem fra pochi istanti.
 Vado dunque... Eh via, restate.
405Complimenti... Oibò, oibò. (Parte e ritorna)
 
    Mi scordava; prenda, prenda
 una presa di Siviglia.
 Cosa dice? Non ne piglia?
 Non fa mal, signor mio, no.
 
410   Per trovar le pastorelle,
 favorisca, ove si va?
 E così? Di qua? Di là?
 Obbligato, io me ne vo. (Fabrizio annoiato si stringe nelle spalle e gli accenna da una parte della scena)