L’Arcadia in Brenta, libretto, Genova, Tarigo, 1764

 Libro buono e buona musica,
 buone voci e donne giovani,
 balli, suoni, scene e macchine.
 E poi basta? Signor no.
990Che vi vuole? Io non lo so.
 Ma nol sa nemmen chi critica,
 benché ognun vuol criticar.
 
    Parla alcuno per invidia,
 alcun altro per non spendere,
995mentre il più di tutti gli uomini
 col capriccio che li domina
 suol pensare e giudicar.
 
 SCENA X
 
 Sala.
 
 Il CONTE col nome di Cintio e FABRIZIO da Pulcinella, LAURETTA da Colombina, LINDORA col nome di Diana e infine FORESTO da Pantalone
 
 CONTE
 Seguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                       Eccome ccà.
 CONTE
 Siccome un’atra nube
1000s’oppone al sole e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol, cui l’altro cede,
 l’occhio mio più non vede, ond’è che afflitto
 i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
1005Tu me parle tidisca, io non t’intendo.
 CONTE
 Fedelissimo servo,
 batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 CONTE
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 CONTE
 Finger dei che vi sia.
1010Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
 come i comici fanno alla commedia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma famme una grazia;
 perché da tozzolare aggio alla porta?
 CONTE
1015Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 FABRIZIO
                                         Ccà sulla strada?
 CONTE
 È ver, non istà bene
 che facciano l’amor sopra la strada
 civili onesti amanti.
1020Ma ciò sogliono usar i commedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozzolerò ma se qualcuno,
 quando ho battuto io, battesse a me?
 CONTE
 Lascia far, non importa, io son per te.
 FABRIZIO
 O de casa.
 LAURA
                      Chi batte? (Di dentro)
 FABRIZIO
                                            Sono io.
 LAURA
1025Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Patron, chessa è per me.
 CONTE
                                               Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURA
 Io sono Colombina Menarella.
 CONTE
 Di Diana cameriera?
 LAURA
1030Per servir vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 CONTE
                                       Deh vi prego,
 chiamatela di grazia.
 LAURA
                                         Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme peccerella,
 vienence ancora tu,
1035che a nce devertarimmo fra de nuie.
 LAURA
 Sì sì, questa è l’usanza,
 se i padroni fra lor fanno l’amore,
 fa l’amor colla serva il servitore.
 
    Il padron colla padrona
1040fa l’amor con nobiltà.
 Noi andiamo giù alla buona
 senza tanta civiltà.
 
    Dicon quelli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, oh dio!»
1045Noi diciam senz’altre pene:
 «Mi vuoi ben, ti voglio bene»
 e facciamo presto presto
 tutto quel che s’ha da far.
 
    Dicon lor ch’è un gran tormento
1050quell’amor che accende il cor;
 diciam noi ch’è un gran contento
 quel che al cor ci reca amore.
 Ma il divario da che viene?
 Perché han quei mille riguardi,
1055penan molto e parlan tardi.
 Noi diciam quel che conviene
 senza tanto sospirar. (Si ritira fingendo chiamar Diana)