L’Arcadia in Brenta, libretto, Venezia, Savioli, 1770

 Sederei volontieri
 ma questa sedia è dura indiavolata,
 sul morbido seder son avvezzata.
 FABRIZIO
860Ehi dico, ehi recca tosto
 una sedia miglior.
 LINDORA
                                    Molto obligata.
 FABRIZIO
 Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Oibò, è sì dura
 cotesta imbuttidura
 ch’io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
865Rimediarvi convien.
 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
 Compatisca, o signor.
 FABRIZIO
 Eccola, è padrona.
 Se ne servi.
 LINDORA
                         O peggio, peggio.
870No no, non me ne curo,
 il guancial di vachetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh corpo d’un giudio.
 Ora la servo io.
 LINDORA
                               Portate via
 la sedia ed il guanciale,
875che l’odor di vachetta mi fa male.
 FABRIZIO
 Eccole un mattarazzo,
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest’è un strapazzo,
 lo conosco, lo so, ah non credevo
 dover soffrir cotanto.
880Io creppo dalle risa e fingo il pianto.
 
    Voglio andar... Non vo’ più star,
 più beffata esser non vo’;
 signorsì, me n’anderò.
 Sono tanto tenerina
885che ogni cosa mi scompone,
 voi siete la cagione
 che mi fate lacrimar.
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO e poi FORESTO
 
 FABRIZIO
 Si contenga chi può. Corpo del diavolo,
 non ne potevo più.
 FORESTO
                                     Signor Fabrizio,
890il principe d’Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitare all’improvviso
 stasera una comedia.
 FABRIZIO
                                         Io non ne so.
 FORESTO
 Non temete che vi concerterò.
 Io sono destinato
895da far da innamorato,
 da innamorata dovrà far madama,
 Lauretta la serva; il nostro conte
 farà da servitore
 e voi dovrete far da genitore.
 FABRIZIO
900Farò quel che potrò.
 Mi dispiace il parlar all’improviso.
 Se fosse una comedia almen studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
 dicendo che il poeta è un ignorante!
 
 SCENA IX
 
 FORESTO solo
 
 FORESTO
905Certo, non dice mal, sogliono tutti
 gettar la colpa su la schiena altrui.
 Se un’opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella;
 quel ch’ha falato è il mastro di capella».
910E questo d’aver fatto
 gran musica si vanta
 e che il diffetto vien da chi la canta.
 Infine l’impresario,
 senza saper qual siasi la cagione,
915se ne va dolcemente in perdizione.
 
    Perché riesca bene un’opera,
 quante cose che ci vogliono.
 Libro buono e buona musica,
 buone voci e donne giovani,
920balli e suoni, scene e machine.
 E poi basta... Signor no.
 Che vi vuole... Io non lo so.
 Ma nol sa né men chi critica,
 benché ognun vuol criticar.
 
 SCENA X
 
 FORESTO col nome di Cintio ed il CONTE da Pulicinella, LAURETTA da Colombina, LINDORA col nome di Diana e FABRIZIO da Pantalone
 
 FORESTO
925Seguimi, Pulcinella.
 CONTE
                                       Eccome cà.
 FORESTO
 Siccome un’alta nube
 s’oppone al sole e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol cui l’altro cede,
930l’occhio mio più non vede, ond’è che afflitto