L’Arcadia in Brenta, libretto, Bonn, Stamparia delle Loterie, 1771

    Perché riesca bene un’opera,
 quante cose mai vi vogliono!
 Libro buono e buona musica,
645buone voci e donne giovani,
 balli, suoni, scene e machine
 e poi basta? Signor no.
 Che vi vuole? Io non lo so!
 Ma nol sa né men chi critica,
650benché ognun vuol criticar.
 
 SCENA VI
 
 Il CONTE col nome di Cintio e FABRIZIO da Pulcinella, LAURETTA da Colomba, LINDORA col nome di Diana e infine FORESTO da Pantalone
 
 CONTE
 Seguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                       Eccomi cà.
 CONTE
 Siccome un’altra nube
 si oppone al sole e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
655coperto il mio bel sol, cui l’altro cede,
 l’occhio mio più non vede, ond’è che afflitto
 i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parle tidisca, io non t’intendo.
 CONTE
 Fedelissimo servo,
660batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 CONTE
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 CONTE
 Finger dei che vi sia.
 Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
665come i comici fanno alla comedia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma famme na grazia;
 pecché da tozzolare aggio alla porta?
 CONTE
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 FABRIZIO
                                         Cà sulla strada?
 CONTE
670È ver, non istà bene
 che facciano l’amor sopra la strada
 civili onesti amanti
 ma ciò sogliono far i commedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozzolerò ma se qualcuno,
675quando ho battuto io, battesse a me?
 CONTE
 Lascia far; non importa. Io son per te.
 FABRIZIO
 Oh de casa.
 LAURA
                        Chi batte?
 FABRIZIO
                                              Songo io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Patron, chessa è per me.
 CONTE
                                               Chi siete voi,
680quella giovine bella?
 LAURA
 Io sono Colombina Menarella.
 CONTE
 Di Diana cameriera?
 LAURA
 Per servir vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 CONTE
                                       Deh vi prego,
685chiamatela di grazia.
 LAURA
                                         Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme, peccerella,
 vienence ancora tuie,
 ch’a nce devertiremo fra de nuie.
 LAURA
 Sì sì, questa è l’usanza,
690se i padroni fra lor fanno l’amore,
 fa l’amor colla serva il servitore.
 
    Il padron colla padrona
 fa l’amor con nobiltà.
 Noi andiamo giù alla bona
695senza tanta civiltà.
 
    Dicon quelli: «Idolo mio,