Artaserse, libretto, Venezia, Bettinelli, 1733

 LINDORA
 Vi dico ch’io non posso andar sì forte.
 CONTE
 
785   Questa forte e quella piano,
 l’una tira e l’altra mola;
 non so più cosa mi far,
 favoriscano la mano,
 anderò come potrò.
 
790   Forti, forti, saldi, saldi,
 vada pur ciascuna sola.
 Io gli sono servitor.
 
    Che comanda? Eccomi qui.
 Ch’io la servi? Eccomi pronto.
795Caminiam così, così.
 Troppo forte? Troppo piano?
 D’incontrar io spero invano
 di due donne il strano umor.
 
 SCENA III
 
 ROSANNA, GIACINTO, LINDORA e LAURETTA
 
 GIACINTO
 Ah ah, che bella cosa!
 ROSANNA
800(Cosa invero piacevole e gustosa).
 LAURA
 Madama, andate pian quanto volete,
 per non venir in vostra compagnia,
 vi faccio riverenza e vado via. (Parte)
 LINDORA
 Oibò! Correr sì forte
805non conviene per certo ad una dama.
 Affettar noi dobbiam, per separarci
 dalla gente ordinaria,
 una delicatezza straordinaria. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ROSANNA e GIACINTO
 
 ROSANNA
 Bei caratteri al certo.
 GIACINTO
                                         Anzi bellissimi.
810Io, che stolto non son, scelta ho per ninfa
 donna di senno e di beltà.
 ROSANNA
                                                  Di grazia,
 non seguite anche voi quel vil costume
 di adular per piacere.
 GIACINTO
                                          Ah nol temete;
 io vi stimo assai più che non credete.
 ROSANNA
815Per or godo l’onore
 che siate mio pastore
 ma, terminata poi l’Arcadia nostra,
 pastorella non son, non son più vostra.
 GIACINTO
 Chi sa, se non sdegnate
820di chi v’adora il core,
 io per sempre sarò vostro pastore.
 ROSANNA
 Felicissima Arcadia allor direi,
 se tutti i giorni miei
 lieta passar potessi al colle, al prato
825col mio pastor, col mio Giacinto a lato.
 
    Se di quest’alma i voti
 ascolta il dio d’amor,
 lieto sarà il mio cor,
 sarò felice.
 
830   Per or di più non dico
 ma forse un dì verrà
 che il labbro dir potrà
 quel ch’or non lice.
 
 SCENA V
 
 GIACINTO solo
 
 GIACINTO
 Purtroppo è ver che s’introduce il foco
835d’amor ne’ nostri petti e a poco a poco
 queste villeggiature,
 in cui sì francamente
 tratta e conversa ognun di vario sesso,
 queste cagionan spesso
840nella stagion de’ temperati ardori
 impegni, servitù, dolcezza, amori.
 
    Per passar dagli occhi al core
 apre il varco al dio d’amore
 la moderna libertà.
 
845   Anche amore andria sommesso
 se si usasse col bel sesso
 la primiera austerità.
 
 SCENA VI
 
 Camera.
 
 FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Non vo’, non vo’  sentire.
 FORESTO
 Eh via, signor Fabrizio,
850siete un uom di giudizio,
 siete un uomo civile,
 non fate che vi domini la bile.
 FABRIZIO
 Che bile? Che m’andate
 bilando e strabilando!
855Ve ne dovete andar qualor vi mando.
 FORESTO
 Finalmente fu scherzo.
 FABRIZIO
 Sì, fu scherzo ma intanto
 l’orologgio, la scatola e l’anello
 non si vedono più.
 FORESTO
                                     Siete in errore,
860eccovi l’orologgio,
 la scatola e l’anello.
 Ciò ch’ha di vostro ognun di noi vi rende;
 né d’usurpar il vostro alcun pretende. (Gli dà l’orologgio, la scatola e l’anello)
 FABRIZIO
 Eh non dico, non dico ma vedermi
865strapazzato e deriso...
 FORESTO
 Lo fan sul vostro viso
 per prendersi piacer ma dietro poi
 le vostre spalle ognun vi reca lode
 e del vostro buon cuor favella e gode.
 FABRIZIO
870Son buon amico; e faccio quel ch’io posso.
 FORESTO
 A proposito, amico,
 che facciam questa sera?
 La carozza è venduta,
 sono andati i cavalli
875e da cena non v’è.
 FABRIZIO
                                   Come? In un giorno
 tanti bei ducatoni sono andati?
 FORESTO
 I debiti maggior si son pagati.
 FABRIZIO
 Io non so che mi far.
 FORESTO
                                        Siete in impegno,
 sottrarvi non potete.
 FABRIZIO
880Consigliatemi voi, se lo sapete.
 FORESTO
 L’orologgio e l’anello
 si potriano impegnar.
 FABRIZIO
                                           Sì, dite bene.
 FORESTO
 Ma non so se denaro