Artaserse, libretto, Roma, Amidei, 1749

 FABRIZIO
                                          Questo è il casin
 ove ogn’anno villeggio.
 LINDORA
                                            Ohibò, che robba?
 Non si può far di peggio.
 FABRIZIO
 Se mai non le piacesse, ella è padrona
300d’andar quando le pare.
 LINDORA
 No no... non voglio fare
 questo gran torto al mio signor Fabrizio,
 resterò, vi farò questo servizio.
 FABRIZIO
 Obligato da vero ma se mai
305se ne volesse andar...
 LINDORA
                                         Dite! Ove sono
 l’arcadi pastorelle?
 FABRIZIO
                                     Io non lo so.
 LINDORA
 Non importa, signor, le cercherò.
 FABRIZIO
 Commanda ch’io la servi?
 LINDORA
                                                  Obligatissima.
 Voi siete un po’ vechietto,
310io voglio che mi servi un giovanetto.
 FABRIZIO
 Adunque io son vechio?
 Perché viene da me?
 LINDORA
                                         Per darmi spasso.
 FABRIZIO
 Spasso de’ fatti miei.
 LINDORA
                                         No, bel visino,
 no, di voi non mi burlo, anzi vi stimo,
315vi lodo, vi professo obligazione
 e vi dico che siete...
 FABRIZIO
                                      Un bel minchione.
 LINDORA
 Non dicevo così.
 FABRIZIO
                                 Ma io lo dico.
 LINDORA
 Quando lo dice lei, nol contradico.
 FABRIZIO
 Ma vada! Non conviene
320una donna di spirto come lei
 perder il tempo suo co’ pari miei.
 LINDORA
 Voi siete della Brenta il primo onore,
 d’Arcadia il gran pastore,
 siete signor Fabrizio
325senza diffetto alcuno.
 FABRIZIO
                                         Senza giudizio.
 LINDORA
 Eh che dite?
 FABRIZIO
                          Conosco il merto mio.
 LINDORA
 Quando lo dite voi, lo dirò anch’io.
 FABRIZIO
 Dunque.
 LINDORA
                    Dunque men vado
 a ritrovar le belle
330di questa vostra Arcadia pastorelle.
 
 Aria
 
    Riverente a lei m’inchino.
 Ehi, braccieri, qua la mano.