Artaserse, libretto, Roma, Amidei, 1749

365di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei.
 CONTE
 Ed io pur bramerei,
 anzi sospirerei,
 benché il merito mio sia circonscritto,
370nel ruolo de’ suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
 Anzi de’ miei padroni.
 CONTE
 Ah! Mio signor, perdoni
 se tra cotanti, ardito,
 prevenendo l’invito,
375per far la mente mia sazia e contenta,
 son venuto a goder l’Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
 S’accomodi.
 CONTE
                         La fama
 poco disse finora di voi parlando,
 voi cantando, esaltando,
380veggo più, veggo molto
 in quel amabil volto
 che con raggi di placido splendore
 spiega l’idea del liberal suo core.
 FABRIZIO
 Signor, lei mi confonde,
385vorrei dir ma non so,
 per andar alla brieve io mi tacerò.
 CONTE
 Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace, ella tacendo
 col muto favellar va rispondendo.
390Ed io che tutto intendo,
 il genio suo comprendo,
 ella vuol favorirmi ed io mi rendo.
 FABRIZIO
 Le renda o non le renda
 è tutta una facenda,
395se qui vuol restar, mi farà onore,
 ceremonie non fo, son di buon core.
 CONTE
 Viva il bon cor, anch’io l’affettazione
 odio nelle persone,
 parlar mi piace natural affatto,
400perciò del seno estratto
 il più divoto e caldo sentimento
 trabocca tra le labra il mio contento.
 FABRIZIO
 Se questo è naturale,
 parla ben, non va male.
 CONTE
405La provida natura
 prese di me tal cura
 che mi rese il più vago ed il più giocondo
 grazioso cavalier che viva al mondo.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S’ella bramasse
410riposarsi, è padron.
 CONTE
                                       Sì, mio signore;
 accettarò l’onore