Artaserse, libretto, Mannheim, Pierron, 1751

 SCENA VI
 
 SEMIRA, poi MANDANE
 
 SEMIRA
 Qual serie di sventure un giorno solo
 unisce a' danni miei! Mandane, ah senti.
 MANDANE
 Non m'arrestar, Semira.
 SEMIRA
                                               Ove t'affretti?
 MANDANE
720Vado al real consiglio.
 SEMIRA
                                          Io tua seguace
 sarò, se giova all'infelice Arbace.
 MANDANE
 L'interesse è distinto;
 tu salvo il brami ed io lo voglio estinto.
 SEMIRA
 E un'amante d'Arbace
725parla così?
 MANDANE
                       Parla così, Semira,
 una figlia di Serse.
 SEMIRA
                                     Il mio germano
 o non ha colpa o per tua colpa è reo,
 perché troppo t'amò...
 MANDANE
                                           Questo è il maggiore
 de' falli suoi. Col suo morir degg'io
730giustificar me stessa e vendicarmi
 di quel rossor che soffre
 il mio genio real che a lui donato
 dovea destarlo a generose imprese
 e per mia pena un traditor lo rese.
 SEMIRA
735Va', sollecita il colpo,
 accusalo, spietata,
 riducilo a morir. Però misura
 prima la tua costanza. Hai da scordarti
 le speranze, gli affetti,
740la data fé, le tenerezze, i primi
 scambievoli sospiri, i primi sguardi
 e l'idea di quel volto,
 dove apprese il tuo core
 la prima volta a sospirar d'amore.
 MANDANE
745Ah barbara Semira,
 io che ti feci mai! Perché risvegli
 quella al dover ribelle
 colpevole pietà che opprimo in seno
 a forza di virtù? Perché ritorni
750con questa idea che 'l mio coraggio atterra
 fra' miei pensieri a rinovar la guerra.
 
    Se d'un amor tiranno
 credei di trionfar,
 lasciami nell'inganno,
755lasciami lusingar
 che più non amo.
 
    Se l'odio è il mio dover,
 barbara, e tu lo sai,
 perché avveder mi fai
760che invan lo bramo? (Parte)