Artaserse, libretto, Mannheim, Pierron, 1751

 SCENA XI
 
 ARBACE con catene fra alcune guardie e detti
 
 ARBACE
845Tanto in odio alla Persia
 dunque son io che di mia rea fortuna
 l'ingiustizie a mirar tutta s'aduna!
 Mio re.
 ARTASERSE
                 Chiamami amico. Infin ch'io possa
 dubitar del tuo fallo, esser lo voglio.
850E perché sì bel nome
 in un giudice è colpa, ad Artabano
 il giudizio è commesso.
 ARBACE
                                             Al padre!
 ARTASERSE
                                                                 A lui.
 ARBACE
 (Gelo d'orror).
 ARTABANO
                              Che pensi? Ammiri forse
 la mia costanza?
 ARBACE
                                 Inorridisco, o padre,
855nel mirarti in quel luogo e ripensando
 quale io son, qual tu sei, come potesti
 farti giudice mio; come conservi
 così intrepido il volto; e non ti senti
 l'anima lacerar?
 ARTABANO
                                 Quei moti interni,
860ch'io provo in me, tu ricercar non devi;
 né quale intelligenza
 abbia col volto il cor. Qualunque io sia
 lo son per colpa tua. Se a' miei consigli
 tu davi orecchio e seguitar sapevi
865l'orme d'un padre amante, in faccia a questi
 giudice non sarei, reo non saresti.
 ARTASERSE
 Misero genitor!
 MANDANE
                                Qui non si venne
 i vostri ad ascoltar privati affanni;
 o Arbace si difenda o si condanni.
 ARBACE
870(Quanto rigor!)
 ARTABANO
                                Dunque alle mie richieste
 risponda il reo. Tu comparisci, Arbace,
 di Serse l'uccisor. Ne sei convinto;
 ecco le prove. Un temerario amore,
 uno sdegno ribelle...
 ARBACE
                                        Il ferro, il sangue,
875il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga,
 so che la colpa mia fanno evidente;
 e pur vera non è, sono innocente.
 ARTABANO
 Dimostralo se puoi; placa lo sdegno
 dell'offesa Mandane.
 ARBACE
                                         Ah se mi vuoi
880costante nel soffrir, non assalirmi
 in sì tenera parte. Al nome amato,
 barbaro genitor...
 ARTABANO
                                   Taci, e non vedi
 nella tua cieca intoleranza e stolta
 dove sei, con chi parli e chi t'ascolta?
 ARBACE
885Ma padre...
 ARTABANO
                        (Affetti, ah tolerate il freno!)
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 SEMIRA
 Chiede pur la tua colpa
 difesa o pentimento.
 ARTASERSE
                                         Ah porgi aita
 alla nostra pietà.
 ARBACE
                                 Mio re non trovo
890né colpa né difesa
 né motivo a pentirmi e se mi chiedi
 mille volte ragion di questo eccesso,
 tornarò mille volte a dir l'istesso.
 ARTABANO
 (O amor di figlio!)
 MANDANE
                                     Egli ugualmente è reo,
895o se parla o se tace. Or che si pensa?
 Il giudice che fa? Questo è quel padre
 che vendicar doveva un doppio oltraggio?
 ARBACE
 Mi vuoi morto, o Mandane?
 MANDANE
                                                     (Alma, coraggio).
 ARTABANO
 Principessa, è il tuo sdegno
900sprone alla mia virtù. Resti alla Persia
 nel rigor d'Artabano un grand'esempio
 di giustizia e di fé non visto ancora.
 Io condanno il mio figlio; Arbace mora. (Sottoscrive il foglio)
 MANDANE
 (Oh dio!)
 ARTASERSE
                     Sospendi amico
905il decreto fatal.
 ARTABANO
                              Segnato è il foglio,
 ho compito il dover. (S’alza e dà il foglio)
 ARTASERSE
                                        Barbaro vanto! (Scende dal trono e i grandi si levano da sedere)
 SEMIRA
 Padre inumano!
 MANDANE
                                 (Ah mi tradisce il pianto!)
 ARBACE
 Piange Mandane! E pur sentisti alfine
 qualche pietà del mio destin tiranno?
 MANDANE
910Si piange di piacer, come d'affanno.
 ARTABANO
 Di giudice severo
 adempite ho le parti. Ah si permetta
 agl'affetti di padre
 uno sfogo, o signor. Figlio perdona
915alla barbara legge
 d'un tiranno dover. Soffri che poco
 ti rimane a soffrir. Non ti spaventi
 l'aspetto della pena; il mal peggiore
 è de' mali il timor.
 ARBACE
                                     Vacilla, o padre,
920la sofferenza mia. Trovarmi esposto
 in faccia al mondo intero
 in sembianza di reo; veder recise
 sul verdeggiar le mie speranze; estinti
 su l'aurora i miei dì; vedermi in odio
925alla Persia, all'amico, a lei che adoro;
 saper che il padre mio...
 Barbaro padre... (Ah ch'io mi perdo!) Addio. (In atto di partire, poi si ferma)
 ARTABANO
 (Io gelo).
 MANDANE
                    (Io moro).
 ARBACE
                                          O temerario Arbace,
 dove trascorri? Ah genitor, perdono;
930eccomi a' piedi tuoi. Scusa i trasporti
 d'un insano dolor. Tutto il mio sangue
 si versi pur, non me ne lagno; e invece
 di chiamarla tiranna,
 io bacio quella man che mi condanna.
 ARTABANO
935Basta, sorgi; pur troppo
 hai ragion di lagnarti;
 ma sappi... (Oh dei!) Prendi un abbraccio e parti.
 ARBACE
 
    Per quel paterno amplesso,
 per questo estremo addio,
940conservami te stesso;
 placami l'idol mio,
 difendimi il mio re.
 
    Vado a morir beato,
 se della Persia il fato
945tutto si sfoga in me. (Parte fra le guardie seguito da Megabise e partono i grandi)