Artaserse, libretto, Mannheim, Pierron, 1751

 SCENA IV
 
 ROSANNA, GIACINTO
 
 ROSANNA
 Bei caratteri al certo.
 GIACINTO
                                         Anzi bellissimi.
810Io, che stolto non son, scelta ho per ninfa
 donna di senno e di beltà.
 ROSANNA
                                                  Di grazia,
 non seguite anche voi quel vil costume
 di adular per piacere.
 GIACINTO
                                          Ah nol temete;
 io vi stimo assai più che non credete.
 ROSANNA
815Per or godo l’onore
 che siate mio pastore
 ma, terminata poi l’Arcadia nostra,
 pastorella non son, non son più vostra.
 GIACINTO
 Chi sa, se non sdegnate
820di chi v’adora il core,
 io per sempre sarò vostro pastore.
 ROSANNA
 Felicissima Arcadia allor direi,
 se tutti i giorni miei
 lieta passar potessi al colle, al prato
825col mio pastor, col mio Giacinto a lato.
 
    Se di quest’alma i voti
 ascolta il dio d’amor,
 lieto sarà il mio cor,
 sarò felice.
 
830   Per or di più non dico
 ma forse un dì verrà
 che il labbro dir potrà
 quel ch’or non lice.
 
 SCENA V
 
 GIACINTO solo
 
 GIACINTO
 Purtroppo è ver che s’introduce il foco
835d’amor ne’ nostri petti e a poco a poco
 queste villeggiature,
 in cui sì francamente
 tratta e conversa ognun di vario sesso,
 queste cagionan spesso
840nella stagion de’ temperati ardori
 impegni, servitù, dolcezza, amori.
 
    Per passar dagli occhi al core
 apre il varco al dio d’amore
 la moderna libertà.
 
845   Anche amore andria sommesso,
 se si usasse col bel sesso
 la primiera austerità.
 
 SCENA VI
 
 Camera.
 
 FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Non vo’, non vo’ sentire.
 FORESTO
 Eh via, signor Fabrizio,
850siete un uom di giudizio,
 siete un uomo civile,
 non fate che vi domini la bile.
 FABRIZIO
 Che bile? Che m’andate
 bilando e strabilando!
855Ve ne dovete andar qualor vi mando.
 FORESTO
 Finalmente fu scherzo.
 FABRIZIO
 Sì, fu scherzo ma intanto
 l’orologio, la scatola e l’anello
 non si vedono più.
 FORESTO